La genesi della Kriegsmarine – Parte I

In ottemperanza alle clausole stabilite dagli accordi di pace, all’indomani della Grande Guerra, la Germania si era vista costretta a mantenere il solo scheletro della Hochseeflotte, la temibile squadra navale che aveva osato contendere alla Royal Navy il dominio dei mari. Si sta parlando, nello specifico, di una manciata di navi obsolete come le corazzate classe Braunschweig e Deutschland, oltre che del naviglio minore. Allo stesso modo, gli Alleati avevano imposto la completa rinuncia all’arma sottomarina, strumento con il quale la Kaiserliche Marine aveva tentato di strangolarne le economie.

In linea con quanto già accaduto per l’esercito e per l’aeronautica, Berlino si sarebbe mossa tempestivamente per aggirare questi limiti, proseguendo lo sviluppo dei nuovi modelli in un clima di estrema segretezza. Per sua sfortuna, il divario venutosi a creare con le altre nazioni europee sarebbe rimasto troppo ampio, al punto che la Kriegsmarine non poté mai replicare le gesta della sua formidabile antenata.

Come se ciò non fosse bastato, gli ambiziosi progetti per il riarmo furono sospesi per soddisfare le esigenze belliche, obbligando non solo l’OKM[1] ad accantonare quanto pianificato alla vigilia del conflitto, ma lasciando la flotta in condizioni di netto svantaggio: piuttosto emblematico risultò essere il destino delle navi “corsare”, affondate in tempi relativamente brevi, e di quelle capitali, relegate nel ruolo di “guardia della Scandinavia” per timore di perderle[2].

LA SITUAZIONE TEDESCA ALL’INDOMANI DEL CONFLITTO

È sufficiente scorrere le formule di Versailles (28 giugno 1919) per avere un quadro dei vincoli summenzionati. Nella parte V del documento si affermava, ad esempio, che la Repubblica di Weimar potesse schierare un totale di:

  • 6 navi da battaglia pre-dreadnought[3], invero superate e difficilmente ammodernabili per via delle intrinseche limitazioni;
  • 6 incrociatori leggeri, altrettanto obsoleti;
  • 12 cacciatorpediniere;
  • 12 motosiluranti.

Era inoltre consentito avere 2 unità in riserva per ciascuna categoria, assieme a dei vecchi idrovolanti impiegati con funzioni di sminamento.

Malgrado tali prospettive, nel corso del 1920 si procedette alla fondazione di un Ispettorato per lo Sviluppo di Mine e Siluri, a Kiel, così da preservare le conoscenze acquisite e redigere un elenco degli specialisti. Puntando sulle risorse umane superstiti, si sarebbe infatti potuto accrescerne il know-how, offrendo loro l’opportunità di ideare nuovi battelli per conto dei cantieri esteri.

LE NUOVE UNITÀ DI SUPERFICIE: DALLE PANZERSCHIFFE ALLA BISMARCK

Non appena gli incrociatori ebbero raggiunto i limiti di anzianità, la Reichsmarine moltiplicò i propri sforzi per sostituirli. Un autentico apripista fu l’Emden che, seppur impostato nel 1921, venne varato quattro anni dopo per via della cronica mancanza di fondi[4]. Ad esso avrebbe fatto seguito la “serie K” composta dal Königsberg, dal Karlsruhe e dal Köln, nonché i due esemplari della classe Leipzig.

Con la ratifica dello Schiffbauersatzplan, il programma di costruzione per il periodo 1930-1943, furono invece profuse ingenti risorse per il completamento delle Panzerschiffe. Meglio conosciute con l’epiteto di “corazzate tascabili“, queste unità disponevano di un armamento superiore rispetto alle controparti avversarie[5], al quale andavano sommate le buone doti velocistiche. Non meno importante, la loro cancellazione avrebbe dovuto garantire l’ingresso nel trattato di Washington (1922), preludio di un consistente riarmo.

Di fronte al mancato avverarsi di un simile pronostico, i teutonici si risolsero nel continuarne la produzione: tra il 1933 e il 1936 furono quindi commissionate la Deutschland[6] (ribattezzata Lutzow nel 1940), la Admiral Scheer e la Graf Spee[7].

Il momento chiave per la rinascita della Kriegsmarine fu, tuttavia, l’entrata in vigore dell’accordo navale anglo-tedesco (1935), il quale permise alla Germania di dotarsi di una flotta il cui tonnellaggio equivaleva al 35% della Royal Navy. Tale concessione non avrebbe però mancato di rivelarsi un grave errore sotto i profili diplomatico e militare in quanto, oltre a permettere al Terzo Reich di munirsi di navi potenti, diede luogo a non pochi attriti con gli alleati francesi.

Logiche evoluzioni delle Panzershiffe avrebbero dovuto essere i progetti D ed E, invero destinati a rimanere sulla carta visti i recenti sviluppi. Viceversa, ulteriori studi condussero alle corazzate Scharnhorst e Gneisenau[8], aventi un dislocamento di 32.000 tonnellate, ottimi livelli di protezione e nove cannoni da 280 mm. Si trattava dunque di un design all’avanguardia, la cui bontà venne testimoniata dai numerosi successi ottenuti in mare aperto: ben 14 navi colate a picco, tra cui la portaerei britannica HMS Glorious. Ma non era ancora abbastanza.

Spinti dall’urgenza di contrastare le più moderne unità nemiche[9], i nazisti misero mano alla leggendaria classe Bismarck, pesante ben 51.000 tonnellate e provvista di 8 artiglierie da 380mm. Allo stesso modo, tra il 1935 e il 1940 furono commissionati tre incrociatori pesanti da 19.000 tonnellate, vale a dire l’Admiral Hipper, il Blücher e il Prinz Eugen, ai quali avrebbero dovuto unirsi i gemelli Seydlitz Lützow[10].

L’ASPETTO DOTTRINALE

Volgendo uno sguardo alle filosofie operative, è bene sottolineare quanto gli ufficiali tedeschi non fossero coesi sulla direzione da intraprendere. Nel settembre del 1920, il contrammiraglio William Michaelis aveva infatti redatto un memorandum nel quale sottolineava la natura difensiva della Reichsmarine, visto il probabile coinvolgimento di Parigi nel caso di una guerra con Varsavia[11]. Era inoltre opinione diffusa che gli U-boote avrebbero supportato direttamente la flotta di superficie, anziché attaccare quella mercantile. Tale compito sarebbe invece spettato alle navi corsare, le Panzerschiffe, almeno finché Karl Dönitz non venne promosso alla guida dell’arma sottomarina.

Portavoce delle teorie sul suo utilizzo, egli ideò la cosiddetta Rüdeltaktik, ossia il “branco di lupi” volto a distruggere i convogli in un unico attacco coordinato: un approccio non condiviso da Erich Raeder che, seppure scettico in merito alla costruzione di una nuova Hochseeflotte, avrebbe infine ceduto alle rassicurazioni di Hitler circa la lontananza del conflitto.

IL “PIANO Z”

Sul finire del 1938, lo Stato Maggiore elaborò quindi un programma di costruzione navale noto come “piano Z”. Della durata di nove anni, esso prevedeva un drastico incremento delle capacità offensive tramite il varo di:

  • 6 corazzate della classe H, pesanti 62.000 tonnellate e munite di 8 cannoni da 406 mm (rimaste allo stadio progettuale);
  • 4 portaerei del tipo Graf Zeppelin;
  • 3 incrociatori da battaglia della futura classe O, dislocanti 35.000 tonnellate e con 6 artiglierie da 380 mm;
  • 12 Panzerschiffe “P”, versione rivista e migliorata delle Deutschland (mai costruite);
  • 6 incrociatori pesanti del tipo Admiral Hipper;
  • altrettanti leggeri “M” da 8.500 tonnellate;
  • 22 Spähkreuzer, ossia dei cacciatorpediniere di grandi dimensioni classificati come esploratori;
  • 50 Zerstörer (cacciatorpediniere);
  • 200 U-boote.

In ultima istanza, tale disegno sarebbe naufragato all’apertura delle ostilità, e solo la componente subacquea beneficiò di un rateo produttivo accettabile. Non è quindi scorretto asserire che le ambizioni del Führer abbiano gravato sul destino di una flotta sottomarina che, nei primi anni del conflitto, si rivelò molto più efficiente in rapporto alle risorse investite. A riprova di ciò, lo storico Erich Gruner ha stimato che la Germania avrebbe potuto realizzare quantomeno altri 100 battelli, se le risorse fossero state allocate in maniera debita.

Di rado le unità di superficie maturarono risultati idonei a giustificarne i costi: si pensi alla Graf Spee, che terminò la carriera autoaffondandosi nell’estuario del Rio della Plata (13 dicembre 1939); alla Bismarck che, dopo la celebre vittoria nello stretto di Danimarca (24 maggio 1941), venne distrutta da soverchianti forze nemiche; al Blücher, neutralizzato nelle battute iniziali dell’operazione Weserübung; alla Tirpitz, che trascorse la propria esistenza ad arrugginire nei fiordi norvegesi, venendo infine annichilita dai Lancaster del Bomber Command[12].

Al contrario, nel biennio 1942-43 i sommergibili nazisti misero quasi in ginocchio l’Inghilterra, infliggendo al naviglio alleato perdite superiori alle 600.000 tonnellate mensili. Ma era ormai troppo tardi: la battaglia dell’Atlantico aveva raggiunto un punto di svolta, e gli anglo-americani avevano sviluppato metodi sempre più avanzati per contrastare i “branchi di lupi” come aerei antisom, ecogoniometri e convogli scortati. A ciò bisognava aggiungere la decrittazione della macchina Enigma, cruciale nel far pendere la bilancia a sfavore dei tedeschi.

Quanto avete letto è solo un estratto delle tematiche analizzate, in maniera assai più strutturata, nel relativo approfondimento Seconda Guerra Mondiale | Genesi della Kriegsmarine [1 Parte]”. Se non avete ancora soddisfatto la vostra sete di curiosità, questo è il momento giusto per godervi l’ottimo video realizzato dal canale YouTube Parabellum.

Buona visione!

Mirko Campochiari, Niccolò Meta

La Minerva

Classificazione: 5 su 5.

NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] L’Oberkommando der Marine (OKM) è stato il Comando Supremo della marina nazista.

[2] Tale concezione risulta piuttosto simile a quella della “flotta in essere” applicata dalla Regia Marina.

[3] Le pre-dreadnought erano una categoria di corazzate pluricalibro entrate in servizio tra il 1880 e il 1905. Ai sensi del trattato di Versailles, queste vecchie unità potevano essere rimpiazzate al raggiungimento del ventesimo anno di servizio, ma solo da navi con un dislocamento inferiore alle 10.000 tonnellate.

[4] Utilizzato come nave scuola fino al 1939, nel 1927 rilevò la profondità di una fossa oceanica situata al largo delle Filippine, oggi ribattezzata in suo onore (abisso Emden).

[5] Il trattato navale di Washington stabiliva, per unità come gli incrociatori pesanti, un calibro massimo di 8 pollici (203mm). Al contrario, le Panzerschiffe erano munite di 6 cannoni da 280mm.

[6] Deutschland è il nome dato a due classi navali della marina militare tedesca, entrate in servizio rispettivamente nel 1906 e nel 1933.

[7] Ciascuna di esse fu impiegata nell’Atlantico come nave corsara, attaccando i convogli alleati.

[8] Per via dell’armamento e della velocità elevata, gli inglesi le classificarono come incrociatori da battaglia.

[9] Si sta parlando, nello specifico, delle corazzate francesi classe Richelieu, munite di 8 cannoni da 380mm.

[10] In ultima istanza, il Seydlitz venne sottoposto a lavori di conversione per trasformarlo in una portaerei (mai ultimati), mentre il Lützow fu venduto incompleto all’Unione Sovietica.

[11] Sorprendentemente, la posizione della Gran Bretagna in questo eventuale conflitto sarebbe dovuta essere neutrale, stando ai pronostici di Michaelis.

[12] Né miglior fortuna ebbero le altre unità: la Scharnhorst venne affondata durante una sortita contro i convogli artici (battaglia di Capo Nord); la Gneisenau rimase inattiva dal 1942 al 1945, terminando la propria carriera come ostacolo per bloccare il porto di Gotenhafen; infine, il Prinz Eugen sopravvisse al conflitto solo per divenire un bersaglio per dei testi nucleari (operazione Crossroads).

  • La marina tedesca 1939-1945. Azioni belliche e scelte operative, di Giuliano Da Frè (Italiano);
  • Finnish-German Submarine Cooperation 1923–35, di Jason Lavery Scandinavian Studies, University of Illinois Press, pp. 393-418 (Inglese);
  • Kriegsmarine: The Illustrated History of the German Navy in World War II, di Robert Jackson (Inglese);
  • Die deutsche Kriegsmarine Volumi I,II,III,IV : 1935-1945, di Ulrich Elfrath, Siegfried Breyet, Gerhard Koop (Tedesco/Inglese);
  • La marina tedesca nella seconda guerra mondiale. “Grande Guida Alla “”KRIEGSMARINE””, 1935 – 1945.”, di Jak P. Mallmann Showell (Italiano / Inglese);
  • La fine della marina tedesca 1939-1945, di Edward P. von Porten (Italiano);
  • The U-boat: The evolution and technical history of German Submarines, di Eberhard Rossler (Inglese);
  • Raeder versus Wegener: Conflict in German Naval Strategy, di Kenneth P. Hansen, Canadian Forces Maritime Command (Inglese);
  • La Kriegsmarine, 1935-1945, di Enzo Berrafato (Italiano);
  • Hitler’s U-Boat War: the Hunters, 1939-1942, di Clay Blair (Inglese);
  • Hitler’s U-Boat War: the Hunted, 1942-1945, di Clay Blair (Inglese).

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