La genesi della Luftwaffe

Nel presente lavoro dedicato alla nascita della Lufwaffe, provvederemo a sfatare quei miti creati dalla propaganda nazionalsocialista, a cominciare dalla narrativa secondo cui le forze aeree siano state ricostituite su impulso del regime. Al contrario, le loro origini si debbono al lavoro meticoloso svolto da Hans von Seeckt, Capo di Stato Maggiore del Reichswehr dal 1920 al 1926.

Occorre inoltre sottolineare quanto alcuni espedienti quali la realizzazione di basi segrete in Unione Sovietica, l’apertura di scuole per il volo a vela e l’impiego dei piloti tra le file della Lufthansa abbiano costituito, in ultima istanza, un semplice assaggio delle manovre che hanno permesso all’aviazione di risorgere dalle proprie ceneri, mettendole a disposizione centinaia di aviatori ottimamente addestrati.

Altrettanto significativo è stato l’impatto della guerra civile spagnola, cruciale nel rendere la Luftwaffe una delle poche aeronautiche al mondo con esperienze operative pregresse.

Parimenti, discuteremo di temi meno noti quali l’abbandono delle teorie sul bombardamento strategico, erroneamente ricondotto alla scomparsa del generale Walther Wever, e dei suoi effetti negativi sul lungo periodo.

LA SITUAZIONE TEDESCA ALL’INDOMANI DI VERSAILLES

Nella primavera del 1920, in ottemperanza alle condizioni imposte dal trattato di Versailles, la Repubblica di Weimar dovette sciogliere la propria componente aerea. Benché la richiesta di mantenere in servizio otto aeroporti e un singolo squadrone fosse stata respinta, la durezza degli Alleati non fu sufficiente a piegare lo spirito degli sconfitti, come si evince dalle parole proferite dallo stesso von Seeckt.

« Oggi, 8 maggio 1920, la giovane branca delle forze armate che ha eseguito il suo dovere con coraggio e abnegazione, guadagnandosi nel corso della sua breve esistenza e storia l’ammirazione di molti, deporrà le armi in silenzio e con orgoglio.

In questo giorno, il corpo aereo tedesco compie il suo dovere in adempienza con gli accordi di pace, eseguendo lo scioglimento di ogni sua forza.

Non dobbiamo abbandonare la speranza che, un giorno, il corpo aereo rinasca ancora. La fama che esso si è creato è incisa fermamente nella storia delle forze armate, e non verrà mai dimenticata. Essa non morirà finché lo spirito del dovere continuerà ad esistere».

A cominciare dal 1923, la stipula del trattato di Rapallo (16 aprile 1922) avrebbe comunque permesso di istituire la Kampffliegerschule Lipezk, divenuta operativa nel corso del 1926[1].

Per aggirare i divieti sulla produzione di aeroplani da combattimento, Berlino si sarebbe invece rivolta all’olandese Fokker, commissionando un ordine per un centinaio di velivoli[2]: fu così che in Russia giunsero svariati DXI e DXIII, utilizzati sin dal 1925 per l’addestramento di 450 avieri tedeschi e 250 sovietici.

Meno fortunati si rivelarono i tentativi di realizzare lo Junkers Ju 22, un apparecchio interamente metallico costruito a partire dal ricognitore Ju 21, le cui pessime qualità influirono in misura significativa sul suo destino.

Tra i mezzi disponibili figurava persino uno Junkers A.35, un “aereo postale”[3] costruito su licenza in Russia e in Svezia ma utilizzato, nella base di Lipezk, nel ruolo di bombardiere. Degni di menzione sono inoltre i monoplani K 47 e K 48, i quali però si dimostrarono del tutto inidonei a svolgere le missioni loro assegnate[4]: non fu certo un caso se, nella stagione compresa tra il 1933 e il 1936, intere squadriglie da caccia furono riequipaggiate coi biplani Heinkel He 51 e Arado Ar 68, schierati dalla stessa Legione Condor fino alla comparsa dei Polikarpov I-15 e I-16[5].

LE SCUOLE PER IL VOLO RICREATIVO E L’IMPIANTO DOTTRINALE

Nel frattempo in Germania, dietro l’innocua dicitura di scuole per il volo ricreativo, centinaia di giovani piloti venivano formati grazie all’impiego di alianti sempre più complessi, nell’attesa di poter completare il ciclo addestrativo sui velivoli a motore. Non appena i tempi furono maturi, tali istituti vennero chiusi e unificati nella Deutsche Luftsportverband (DLV), ossia nella Federazione Sportiva Aerea[6], presto seguita dalla fondazione del Ministero dell’Aria del Reich (Reichsluftfahrtministerium o R.L.M).

È sorprendente constatare quanto, all’indomani del 1936, l’apporto di Hermann Göring nella crescita della Luftwaffe sia divenuto trascurabile, al punto da favorire l’ascesa di alcuni suoi sottoposti come Erhard Milch.

Un’altra figura cardine di quegli anni risultò essere Helmut Wilberg, le cui brillanti intuizioni avevano spinto l’ex asso guglielmino a vagliarne la nomina a Capo di Stato Maggiore. Nondimeno, l’esistenza di un dossier sulle sue origini ebraiche obbligò il futuro Reichsmarschall ad accantonare il proposito, senza per questo negargli la tutela dai provvedimenti razziali[7]: ciò gli avrebbe garantito la permanenza nella forze armate, premessa per una fruttuosa collaborazione con Walther Wever nella stesura del cosiddetto “Memorandum 16”.

Pubblicato nel 1935, esso costituiva un vero e proprio manifesto della nuova branca, attribuendole le seguenti mansioni:

  1. L’annichilimento dell’aviazione avversaria, delle sue basi e dei complessi industriali;
  2. La prevenzione di qualsiasi movimento da parte delle truppe avversarie;
  3. Il sostegno alle unità della Kriegsmarine.

Con riferimento all’aspetto dottrinale, bisogna sottolineare quanto il corpo ufficiali fosse incline a sostenere, nella stagione compresa fra il ‘33 e il ’36, lo sviluppo di una capacità di bombardamento strategico[8][9]. Questo tuttavia non precluse l’ideazione di teorie che, all’atto pratico, sfociarono nel supporto diretto all’esercito (Truppenfuhrung): trattandosi di una potenza continentale, Berlino si aspettava infatti di usare l’arma aerea in operazioni a corto raggio, aspetto che non mancò di affievolire l’interesse per l’interdizione sulle lunghe distanze e la progettazione dei relativi mezzi.

IL FALLIMENTO DELL’“URALBOMBER”

Malgrado simili cambiamenti, i vertici dell’aeronautica destinarono ingenti risorse alla realizzazione del bombardiere “Ural” che, come suggerito dal nome, doveva essere in grado di colpire obiettivi situati nel cuore dell’Unione Sovietica. Questo programma si sarebbe concretizzato nei prototipi del Dornier Do 19 e dello Junker Ju 89, i quali però si rivelarono completamente inadatti all’impiego bellico perché sottopotenziati, con un carico offensivo ridotto e un’autonomia insufficiente

L’unico disegno che raggiunse la fase produttiva fu l’Heinkel He 177 Greif. Per scongiurarne la cancellazione soddisfacendo i requisiti ministeriali, gli ingegneri si risolsero nel dotarlo di 4 propulsori gemellati: benché avanguardistica, tale soluzione fu all’origine di seri problemi come perdite d’olio, surriscaldamenti e un pessimo bilanciamento[10]. Ad aggravare il quadro appena descritto contribuirono gli oneri finanziari e il consumo spropositato di carburante, al punto che Göring ne proibì l’utilizzo per buona parte della sua carriera operativa. In sintesi, esso rappresentò un enorme spreco di risorse, specie se si considera che la maggioranza delle macchine prodotte venne persa per ragioni tecniche.

La pietra tombale sulle ambizioni strategiche della Luftwaffe sarebbe pertanto arrivata nel giugno del ‘36, quando lo stesso Wever perse la vita a seguito di un incidente aereo. Con la sua scomparsa, l’aviazione si ritrovò senza una strada precisa da percorrere.

IL CAMBIO DI ROTTA

Il vero cambio direzionale si consumò nel 1937, quando la direzione dell’Ufficio Tecnico (Technisches Amt) e dello Stato Maggiore passarono, rispettivamente, nelle mani di Ernst Udet e di Albert Kesselring.

Entrambi si sarebbero infatti orientati sul piano tattico, prediligendo l’impiego di bombardieri medi quali gli Heinkel He 111, quelli a tuffo Ju 87 Stuka e della forza da caccia. Malgrado la comunanza d’intenti, i dissapori sulla ripartizione delle risorse ebbero un certo peso nel minare l’efficienza dell’aeronautica, così come le infiltrazioni a opera dei fedelissimi del Reichsminister.

L’aspetto più penalizzante era comunque legato alla sfera produttiva: la Germania non disponeva di unità motrici in grado di erogare oltre 2000 cavalli, mentre l’assenza di un’accorta pianificazione fu esacerbata dalla penuria di materie prime[11]. L’insieme di questi fattori avrebbe quindi spinto i nazisti a impiegare apparecchi bimotore in funzione strategica, specialmente nella prospettiva di una guerra con gli Stati confinanti[12].

Non meno originali furono le valutazioni sulla condotta da seguire con la Gran Bretagna. Nel 1939, il generale Hellmuth Felmy aveva maturato la convinzione per cui bastasse una campagna di bombardamenti terroristici per fiaccarne la resistenza: una simile ipotesi sembrava avvalorata dall’isteria che aveva colto Londra all’indomani della crisi dei Sudeti, presunto indicatore di una scarsa preparazione militare.

IL BATTESIMO DEL FUOCO TRA SUCCESSI E LACUNE OPERATIVE

Alla vigilia delle ostilità, la Luftwaffe poteva dunque schierare nove stormi da caccia (Jagdgeschwader) muniti dei Messerschmitt Bf 109; ad essi andavano aggiunti altri quattro Zerstorergeschwader, equipaggiati coi Bf 110; undici Kampfgeschwader, forniti degli He 111 e dei Dornier Do 17Z; quattro Sturzkampfgeschwader provvisti dei Ju 87B. Il personale ammontava invece a 373.000 uomini, ripartiti fra 208.000 aviatori, 107.000 addetti all’anti-aerea e 58.000 alla logistica.

Nel maggio del 1938, Hitler aveva peraltro ordinato di quintuplicarne gli effettivi. Per conseguire l’obiettivo, l’OKL[13] dovette però sacrificare la produzione degli aeroplani da trasporto, commettendo in tal modo un errore fatale[14]. Anche i successi maturati nelle campagne di Polonia e di Francia ebbero degli effetti imprevisti: annebbiate dalle proprie vittorie, le forze aeree trascurarono il fatto che erano state ottenute contro avversari inferiori, fallendo nel predisporre i correttivi necessari. Un brusco risveglio arrivò già nel corso della battaglia d’Inghilterra, quando le limitazioni dottrinali e di alcuni velivoli si palesarono in tutta la loro drammaticità.

Ciò che avete letto è solo un estratto delle tematiche analizzate, in maniera assai più strutturata, nell’approfondimentoLa genesi della Luftwaffe”. Se non avete ancora soddisfatto la vostra sete di curiosità, questo è il momento giusto per godervi l’ottimo video realizzato dal canale YouTube Parabellum.

Buona visione!

Mirko Campochiari, Niccolò Meta

La Minerva

Classificazione: 5 su 5.


NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] Analogamente con quanto accaduto per le Panzerschulen, i governi tedesco e sovietico si accordarono per istituire scuole di volo in territorio russo, condividendo quelle tecnologie legate al mondo aeronautico.

[2] È interessante notare come, per sottrarsi ai vincoli imposti dagli Alleati, tale ordine venne fittiziamente attribuito al governo argentino.

[3] Come si può evincere dal nome, l’aeroplano veniva prodotto in Germania per utilizzo postale.

[4] Le loro prestazioni furono così deludenti da spingere i tedeschi a ripiegare, come misura temporanea, sui più affidabili biplani.

[5] A partire da quel momento, il pendolo della supremazia aerea oscillò in favore dei repubblicani. La situazione sembrò riequilibrarsi con l’arrivo dei Fiat C.R.32 e, soprattutto, dei Messerschmitt Bf 109.

[6] Fondata nel marzo del 1933, essa era un’associazione paramilitare clandestina diretta dal gerarca Hermann Göring, mentre l’incarico di vicepresidente venne attribuito a Ernst Röhm. Venne rimpiazzata nel 1937 dalla Nationalsozialistisches Fliegerkorps (NSFK), una scuola formativa pre-militare per giovani fortemente ideologizzata.

[7] A questo riguardo, risulta che il futuro Reichsmarshall avesse così risposto a Himmler:

«Nella Luftwaffe sono io a decidere chi è ebreo e chi no!»

[8] In ultima istanza, il mancato raggiungimento di un simile obiettivo fu determinato anche da considerazioni economiche e geopolitiche.

[9] Tra i principali assertori di questo approccio figurava il generale Robert Knauss, convinto che un simile strumento potesse garantire la distruzione delle infrastrutture avversarie, oltre che seminare il panico tra la popolazione civile.

[10] Quest’ultimo fu il risultato della disposizione scelta per i motori DB 610, troppo vicini alla fusoliera.

[11] Göring dichiarò che, tra il 1937 e il 1940, l’industria aeronautica aveva espresso solo l’83% delle proprie capacità vista la scarsità di gomma, acciaio, alluminio e rame.

[12] A questo riguardo, Göring affermò che il Fuhrer non avrebbe mai chiesto quanto fossero grandi i bombardieri, bensì numerosi. Una simile miopia, assieme alla prematura dipartita di Wever, si rivelò fatale per le prospettive strategiche della Luftwaffe.

[13] Comando Supremo della Luftwaffe.

[14] Tale decisione risulta ancora più inspiegabile se si pensa che, durante la guerra civile spagnola, Hitler riconobbe il contributo dei trimotori Junkers Ju 52 nel trasportare l’esercito franchista.

  • The Birth Of The Luftwaffe, di Hanfried-Schliephake (Inglese)
  • Hitler’s Eagles: The Luftwaffe 1933–45, di Chris McNab (Inglese)
  • Luftwaffe: Birth, Life and Death of an Air Force, di Alfred Price (Inglese)
  • Secret City. The Lipetsk Luftwaffe Fighter-Pilot School in the USSR (Russo)
  • Aircraft of the Luftwaffe, 1935–1945, di Jean-Denis G.G. Lepage (Inglese)
  • German Secret Flight Test Centres to 1945: Johannisthal, Lipetsk, Rechlin, Travemunde, Tarnewitz, Peenemunde-West, di Henrich Beauvais, Karl Kossler,Max Mayer e Christoph Regel (Inglese).
  • La storia della Luftwaffe. L’arma aerea tedesca dal 1915 al 1945, di John Tyrrell Killen (Italiano)
  • Strategic airpower elements in interwar german air doctrine, di William R. Muscha, United States Naval Academy (Inglese).
  • Il Dominio dell’Aria, di Giulio Douhet (Italiano)

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