Europa, inizio 1945. La situazione bellica per il Terzo Reich era ormai disperata: la Wehrmacht e il popolo tedesco, stanchi di combattere e profondamente demoralizzati dalle continue sconfitte, erano in procinto di collassare; ad est i sovietici avevano liberato Varsavia e, con l’intento di dilagare in profondità giungendo in breve tempo a Berlino, si apprestavano ad assaltare l’ultima linea difensiva tra la Vistola e l’Oder; ad ovest, gli anglo-americani avevano invece contenuto l’offensiva delle Ardenne, e avevano anch’essi intrapreso la loro marcia verso l’Elba.
Fu proprio allora che Adolf Hitler, del tutto dissociato dalla realtà e deciso a risollevare con ogni mezzo il morale delle truppe, lanciò una vigorosa campagna mediatica sulle formidabili Wunderwaffen (letteralmente “armi miracolose”), termine coniato dal ministro per l’istruzione e la propaganda Joseph Goebbels. Le Wunderwaffen, a detta del Führer e della sua ristretta cerchia di fedelissimi, avrebbero avuto il potere di seminare il terrore nell’Europa intera, dando ai nazisti una superiorità tecnologica tale da ribaltare le sorti della guerra. Sfortunatamente per il “Reich millenario”, furono pochi i progetti che superarono le fasi di sperimentazione, vuoi perché troppo sofisticati e dispendiosi, vuoi perché non vi fu il tempo materiale di produrli. Fra le varie proposte avanzate figuravano le seguenti.
Bomba volante V-1 (Vergeltungswaffen 1)
Il Fieseler Fi 103 (designazione interna FZG 76 Flakzielgerät), meglio noto con la sigla di V-1, può essere considerato il primo esempio al mondo di missile da crociera. Ideato nei primi anni ’40 dall’azienda Gerhard Fieseler Werke, esso era in grado di colpire il nemico da lunghissime distanze grazie al pulsoreattore Argus As 014, un potente motore a getto montato al di sopra della testata esplosiva. Tale soluzione consentiva all’ordigno di coniugare le caratteristiche di un apparecchio con quelle di una bomba aeronautica. Di fatto delle vere e proprie super armi, le V-1 vennero utilizzate sin dal giugno del ‘44 contro obiettivi britannici e continentali, principalmente su Anversa e Londra[1].
Missile V-2 (Vergeltungswaffe-2)
Da non confondere con la summenzionata V-1, l’Aggregat 4 (A-4) è stato il precursore dei moderni missili balistici. Ideato da un’equipe di scienziati diretta dal celebre Wernher von Braun, la V-2 aveva una lunghezza complessiva di 14 metri e un peso di 12.700 chilogrammi, 725 dei quali costituiti dalla sola testata in amatolo. A seguito di una lunga e complessa gestazione funestata da numerosi fallimenti, il vettore fece registrare il proprio debutto operativo nel settembre del ’44, rendendosi protagonista di una violenta campagna di bombardamenti contro il Regno Unito: si stima infatti che, nei sei mesi successivi, gli A-4 abbiano reclamato le vite di almeno 2.754 persone, in gran parte civili innocenti.
Messerschmitt Me 262
Il Messerschmitt Me 262 “Schwalbe” è stato il primo jet a entrare ufficialmente in servizio, venendo utilizzato nei ruoli di intercettore, ricognitore e cacciabombardiere. La sua progettazione risaliva a ben prima dello scoppio delle ostilità, ma svariati problemi con i motori e le carenze nella metallurgia giocarono un ruolo chiave nel rallentarne lo sviluppo, rendendolo disponibile solamente a partire dall’estate del ‘44.
Lo “Schwalbe” era più veloce e meglio armato rispetto alle controparti alleate, al punto da poterne avere la meglio se non sorpreso nelle fasi di decollo e di atterraggio. Malgrado ciò, un insieme di fattori quali il numero esiguo degli esemplari prodotti, i continui bombardamenti strategici e la penuria di carburante contribuirono, in ultima istanza, a ridimensionarne l’impatto bellico.
Cannone ferroviario 80 cm K (E) – (80 cm Kanone in Eisenbahnlafette)
Lo Schwerer Gustav è stato un cannone ferroviario in grado di lanciare proiettili da 800 mm a una distanza di 40 chilometri[2]. Sviluppato dalla leggendaria Krupp con il beneplacito di Hitler, un simile colosso venne prodotto in 2 esemplari (Gustav e Dora) per distruggere l’imponente Linea Maginot, obiettivo non così irrealistico data la capacità di sparare colpi da 7 tonnellate l’uno. Il battesimo del fuoco sarebbe però arrivato nel giugno del ‘42, quando appoggiò le operazioni militari contro la piazzaforte di Sebastopoli.
Si trattava di un’arma devastante, capace non solo di radere al suolo interi accampamenti e fortificazioni, ma di seminare il panico fra le truppe nemiche grazie al sibilo del proietto. Nei mesi successivi venne autorizzata la costruzione di un’altra variante, il Langer Gustav (520mm), ma il bombardamento della fabbrica e la conclusione del conflitto non lasciarono spazio per la conclusione dei lavori. Così, poco prima che la guerra finisse, i tedeschi smantellarono entrambe le artiglierie per impedirne la cattura da parte degli Alleati.
U-Boot Tipo XXI
Noti anche con il nomignolo di Elektroboote, i Tipo XXI sono stati le prime unità pensate per operare stabilmente in immersione, al contrario dei sommergibili la cui autonomia è condizionata dalla ricarica delle batterie e dalla forma dello scafo.
Nonostante l’incredibile silenziosità, l’elevato grado di sofisticazione e la sorprendente velocità di punta (18 nodi), questi mezzi scontavano importanti lacune sotto i profili costruttivo e ingegneristico, complice un controllo qualità non all’altezza delle esigenze belliche[3].
Nondimeno, molte classi di sottomarini sviluppate nel dopoguerra hanno attinto a piene mani dagli studi tedeschi, in primis i sovietici Zulu, Whiskey e Romeo.
Carro super pesante VIII Maus (Panzerkampfwagen VIII Maus)
Prodotto in soli 2 prototipi grazie agli sforzi congiunti della Porsche, della Krupp, della Daimler-Benz, della Alkett e delle Siemens, il Panzer VIII Maus mantiene ancora oggi il primato di più grande carro mai costruito. Si trattava di un gigante dal peso di 188 tonnellate, lungo 10 metri e con un cannone da 128 mm, il tutto ricoperto da una corazzatura il cui spessore variava tra i 150 (lo scafo) e i 220 mm (la torretta). Si trattava di un’arma invincibile…o quasi. Il suo punto debole, data la mole enorme, era infatti la scarsa mobilità: è sufficiente tener conto del rapporto peso-potenza e della pressione esercitata al suolo per immaginare le gravi difficoltà negli spostamenti, soprattutto sui terreni instabili e sconnessi.
I test sul carro armato ebbero inizio nel novembre del ‘43, ed evidenziarono ben presto una moltitudine di carenze: maneggevolezza limitata, lentezza pachidermica e una propensione allo sprofondamento nelle aree fangose. Altrettanto problematica restava la movimentazione sulle lunghe distanze, visto il consumo proibitivo di carburante. La soluzione di ripiego fu quella di impiegarlo in postazioni difensive fisse, ma la volontà di privilegiare la produzione di veicoli più economici fu la causa innegabile dietro al suo fallimento: le sorti delle guerra avevano ormai preso una piega sfavorevole alla Germania, le cui fabbriche erano divenute il bersaglio dell’offensiva aerea anglo-americana, e le poche risorse disponibili non potevano essere sacrificate nella realizzazione di questi colossi dai piedi d’argilla. Fu così che, nell’agosto del 1944, i lavori sul Maus vennero definitivamente accantonati.
Che fine fecero i due prototipi? Guasto e irrecuperabile, il primo venne distrutto nel poligono di Kummersdorf per impedirne la cattura da parte dell’Armata Rossa (primavera 1945). La medesima sorte sarebbe toccata al secondo prototipo che, sulla via per un complesso di bunker sotterranei situato a Zossen, venne fatto saltare in aria dal proprio equipaggio. Da ciò si può dedurre che i due esemplari non abbiano mai partecipato ad alcun combattimento.
Landkreuzer P-1000 “Ratte“
Il Landkreuzer, letteralmente “incrociatore terrestre”, è stato un progetto per un super carro (verrebbe più spontaneo classificarlo come fortezza semovente) dal peso di 1.000 tonnellate. Non venne mai realizzato per due semplici motivi: in primis la poca mobilità, chiaramente inferiore a quella del Maus (già deficitaria); in secondo luogo, gli elevati costi di produzione.
Le specifiche prevedevano una torretta principale munita di 2 cannoni navali da 280 mm, sufficienti a distruggere qualsiasi avversario con un unico colpo, nonché altre torrette secondarie per armi da 128 mm e affusti contraerei. La propulsione doveva essere garantita da due motori diesel da 8.000 cavalli l’uno, mentre la messa a terra sarebbe spettata a sei file di cingoli dal diametro di 1,2 metri. In parole povere, pura fantascienza.
Landkreuzer P-1500 “Monster“
Il P-1500 incarna l’apice della megalomania e, in egual misura, dell’ossessione nazista nell’ottenere un’arma invincibile.
Gli studi per un semovente d’artiglieria erano stati avviati dalla Krupp sul finire del 1942, e prevedevano un mezzo super-pesante dalla stazza di ben 1.500 tonnellate, armato con un cannone da 800 mm e altri due obici da 150 mm.
Per ragioni facilmente intuibili, una simile proposta non si concretizzò in alcun prototipo, tanto che il progetto venne cancellato dal ministro degli armamenti Albert Speer subito dopo la sua ideazione, agli inizi del 1943.
Dischi volanti del Reich (Reichsflugscheiben)
Meglio conosciuti con la sigla di V7, i fantomatici Reichsflugscheiben sarebbero stati dei velivoli avanzatissimi sviluppati durante la seconda guerra mondiale. Di essi si conosce veramente poco: la prime indiscrezioni risalgono al 1950 quando, nelle proprie pubblicazioni, l’ingegnere italiano Giuseppe Belluzzo menzionò alcuni apparecchi circolari progettati a partire dal ’42 con il supporto di Roma. Tale indiscrezione è stata però smentita dalla stessa AMI[4].
Qualche tempo dopo, lo scienziato Rudolph Schriever asserì invece di averne diretto gli studi sino all’aprile del ‘45. In effetti in quegli anni furono costruiti diversi prototipi di aerei con ala circolare, nello specifico il Sack AS-5 e il Sack AS-6 che, per la loro forma, avrebbero potuto ricordare un UFO. Ma si trattava di disegni irrealizzabili, spesso fantascientifici, al punto che non superarono mai le fasi di testing.
Vi sarebbero molte altre voci da aggiungere a questo elenco come, ad esempio, elicotteri sperimentali, bombardieri veloci e armamenti di precisione. Nondimeno, elencarli tutti sarebbe un’impresa dalla portata titanica, nonché poco utile ai fini della trattazione.
La verità che si cela dietro al mito delle Wunderwaffen resta comunque un’altra: al di là degli aspetti più affascinanti legati al mondo della tecnologia militare, l’ossessione nazista nel potenziare il proprio arsenale bellico ha condotto a una pletora di esperimenti senza alcuna logica razionale. Uno stillicidio che, in ultima istanza, ha contribuito a un inutile dispendio di risorse.
Emiliano Belviso
La Minerva
NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Si stima che, durante il corso della guerra, l’Inghilterra fu colpita da circa 2.400 bombe di questo tipo.
[2] L’appartenenza dello Schwerer Gustav alla famiglia delle Wunderwaffen è, ancora oggi, argomento di dibattito a livello storiografico.
[3] Si pensi che, a fronte di 118 unità varate e completate, solamente una poté prendere il mare.
[4] Aeronautica Militare Italiana.
- “Wunderwaffen: le armi segrete della seconda guerra mondiale” – Mantelli, Brown, Kittel, Graf – editore: Edizioni R.E.I. (11 gennaio 2017);
- “Le armi segrete di Hitler” – Luigi Romersa, editore: Ugo Mursia Editore (7 settembre 2019);
- “Hitler’s Secret Weapons of Mass Destruction” – Michael Fitzgerald, editore: Arcturus (10 settembre 2018)