Fin dalla sua prima comparsa, una delle attività più documentate dell’essere umano è stata la guerra. Benché deprecabile, tra gli aspetti secondari ad essa legati figura l’avanzamento tecnologico che ne è conseguito: dai primi carri sumeri e assiri fino alla bomba atomica, l’uomo ha sempre avuto quest’innata propensione al miglioramento delle proprie capacità e, fra tutte, anche quella militare. Pertanto, il bisogno di una miglior protezione, potenza di fuoco e mobilità ha costituito il fulcro dello sviluppo bellico. E quale sintesi migliore, se non quella incarnata nel carro armato?
Esso, in realtà, ha radici ben più profonde di quel che siamo soliti pensare: il concetto di poter offendere rimanendo al sicuro si può infatti rintracciare già nei tempi più antichi, quando i Romani formavano la “testudo”, la testuggine, per avanzare e proteggersi dal lancio di frecce e giavellotti. Non volendo partire da così lontano, mi sono occupato della questione muovendo dal Medioevo dove alcuni ingegneri, a cominciare da Guido da Vigevano (1280-1349), avevano tentato di esprimere questo principio tramite dei progetti, sperando che la tecnologia fosse abbastanza matura da renderli attuabili. Basti pensare al seguente disegno di carro da guerra, dotato di un complesso sistema di ingranaggi probabilmente azionati da una propulsione a vento.

Anche durante il Rinascimento l’idea ebbe i suoi “padri” come, ad esempio, il carro coperto di Leonardo da Vinci (1465-1519): un progetto ben noto che, seppur promosso dallo stesso inventore attraverso una lettera (1482)[1] indirizzata a Ludovico il Moro (1452-1508), alla fine non riscosse i risultati sperati, rimanendo solo un prodotto ingegneristico.

Per arrivare a un altro tentativo concreto si dovette quindi aspettare la Rivoluzione industriale che, grazie all’avvento della motrice a vapore, aveva reso l’idea più fattibile.
Del vagone corazzato a vapore di Cowen (1855) esistono molteplici descrizioni, tutte derivanti dalle patenti depositate presso l’ufficio brevetti inglese: la base di partenza consisteva, ad ogni modo, in una batteria mobile di cannoni protetta da una corazzatura e spinta da un motore a vapore. Sebbene Cowen ne avesse perorato più volte la causa modificandolo e riproponendolo, anche questa visione avveniristica non superò mai la fase progettuale.

Per giungere a un qualcosa di effettivamente realizzabile fu necessario attendere gli inizi del ‘900, quando in vari Paesi e quasi in parallelo (ma senza che si fosse a conoscenza dei rispettivi sforzi) alcuni ingegneri cominciarono a sviluppare dei disegni che si avvicinavano molto a quelli che, durante la prima guerra mondiale, sarebbero divenuti i primi carri armati.
Un esempio lampante risulta essere la storia di Günther Burstyn (1879-1945), un ufficiale austro-ungarico che nel 1911 depositò una patente (poi rifiutata) sotto il nome di Kampfwagen, ossia di “carro da combattimento”. Nei fatti, egli aveva essenzialmente anticipato il prototipo del carro moderno, ossia provvisto di una torretta girevole, di un sistema cingolato e di un motore a benzina. Per sua sfortuna, il tutto era stato proposto pochi anni prima dello scoppio della Grande Guerra, e i vertici militari che analizzarono il suo Motorgeschütz (cannone motorizzato) non ebbero la lungimiranza di coglierne le reali potenzialità, limitandosi a respingerlo con un laconico:
l’esercito, al momento, non sa che farsene di un mezzo simile.
Quindi il Motorgeschütz rimase, ancora una volta, un sogno infranto. Oggigiorno soltanto una sua replica è esibita nel parco del Heeresgeschichtliches Museum (Museo di Storia Militare) di Vienna, in Austria.
Quanto avete letto è solo un estratto delle storie e degli esempi analizzati, in maniera molto più approfondita, nel video “La Nascita del Carro Armato”, dove mi sono occupato di tutta la fase storico-concettuale fino ad approdare alle realizzazioni di inizio ‘900. Nel prossimo appuntamento, invece, ripercorrerò le dinamiche di come si è giunti ai primi prototipi, e di come questi abbiano poi condotto alla produzione dei modelli in serie in Germania e tra i membri dell’Intesa. Non mancherò poi di fare alcuni accenni al periodo immediatamente successivo (gli anni ’20) e, per quanto riguarda l’Italia, anche alla seconda guerra mondiale.
Buona visione!
Mirko Campochiari
La Minerva
NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] «Posso costruire, poi, carri coperti, sicuri e inattaccabili, i quali col fuoco dei propri cannoni potranno penetrare tra i nemici senza che questi, per quanto numerosi, possano attaccarli. Dietro il carro potranno seguire le fanterie, in gran numero, illese e senza incontrare ostacoli […]»
Leonardo da Vinci, 1482
- Tanks: A Century of Tank Warfare, di Oscar E. Gilbert, Romain V. Cansière (Inglese)
- Armoured Fighting Vehicles of the World, di Chris Ellis and Peter Chamberlain (Inglese)
- The Conduct of War, 1789-1961: A Study of the Impact of the French, Industrial, and Russian Revolutions on War and its Conduct di Maj.-Gen J. F. C. Fuller (Inglese)
- Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano, di Nicola Pignato e Filippo Cappellano
- La Meccanizzazione dell’esercito fino al 1943 tomo I & 2, di Lucio Ceva e Antonio Curami, Stato Maggiore dell’esercito, ufficio storico
- Armored warfare: The British, French, and German experiences, di Williamson Murray, Cambridge University Press (Inglese)
- Tank: The Definitive Visual History of Armored Vehicles, diDorling Kindersley, Smithsonian Institution (Inglese)
- Passato e futuro nell’”orizzonte tecnico” di Guido da Vigevano, di Settia Aldo, tratto Future Wars: Storia della distopia militare, pag 93–108, Acies Edizioni
- La Carrozza nella Storia della Locomozione, di Luigi Belloni
- Armoured fighting vehicles of the World, di Duncan Crow, 1970 (Inglese)
- L’aube de la gloire: Les autos mitrailleuses et les chars francais pendant la Grande Guerre, histoire technique et militaire, arme blindee, cavalerie, chars, di Alain Gougaud (Francese)
- Kraftfahrzeuge und panzer des österreichischen heeres 1896 bis heute (Tedesco)
- Voices Prophesying War: Future Wars, 1763-3749, di I. F. Clarke (Inglese)
- Motorbuch Verlag, di Walter J. Spielberger, 1976 (Tedesco)
- Der erste Kampfpanzer der Welt: Günther Burstyn und sein Motorgeschütz, di Helmut W. Malnig, Truppendienst, p.309, (Tedesco)
- Tactics and Procurement in the Habsburg Military, 1866-1918: Offensive Spending, di John A. Dredger (Inglese)
- L’Ansaldo e l’industria bellica, di Andrea Curami
L’ha ripubblicato su La Minerva.
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