I MODELLI FRANCESI, DALLO SCHNEIDER CA1…
Riprendiamo il discorso da dove ci siamo interrotti, ossia dall’evoluzione del carro armato durante il primo conflitto mondiale (1914-1918).
Già a partire dal maggio del 1915 la Schneider, importantissima fabbrica d’armi francese, aveva condotto alcuni esperimenti impiegando dei trattori Holt, mentre in agosto ulteriori sviluppi portarono al tracteur blindè et armè (trattore blindato e armato).
Ottenuta la direzione del programma, l’ingegnere Jean Baptiste Estienne presentò all’Alto Comando un piano relativo alla creazione di una forza corazzata (12 dicembre): essa avrebbe dovuto comporsi di macchine dal peso di 12 tonnellate, protette da 15-20 millimetri di blindatura e fornite di un vasto assortimento di armi (2 mitragliatrici leggere e un cannone da 37mm). La velocità prevista su ogni tipo di terreno si sarebbe aggirata attorno ai 9km/h, mentre l’equipaggio sarebbe stato composto da soli 4 uomini. Appena dieci giorni dopo la produzione in serie, stimata fra le 300 e le 400 unità da completarsi entro il 1916, poté prendere ufficialmente il via.
Di lì a poco il disegno sarebbe stato rivisto ancora una volta: adesso il veicolo pesava circa 10 tonnellate, era munito di un cannone da 75mm e il suo motore da 50 cavalli lo spingeva fino a 7km/h; lo scafo, più lungo, montava invece delle estensioni pensate per migliorarne l’abilità nel superare gli ostacoli. Alla fine, benché fossero state apportate ingenti modifiche, si arrivò a una semi-standardizzazione con un pezzo da 75mm (derivato dal campale Canon modèle 75 1897), 2 mitragliatrici Hotchkiss, una motrice da 60 cavalli (capace di garantire velocità sull’ordine degli 8km/h), sospensioni a molla, 6 occupanti e quasi 14 tonnellate di stazza.
Il carro venne schierato soprattutto nel corso del 1917, ma la scarsa corazzatura e la posizione del serbatoio interna all’abitacolo si rivelarono gravissimi difetti, rendendone l’utilizzo operativo alquanto sfavorevole[1]. Con l’entrata in servizio del più leggero Renault FT e di altri modelli, lo Schneider CA1 venne quindi relegato a compiti di trasporto e di protezione delle truppe, pur rimanendo in linea fino al termine della guerra.
…AL SAINT CHAMOND
Nel 1916 un altro progetto parallelo sarebbe venuto alla luce, cioè il Saint-Chamond[2]. Non è chiaro se il summenzionato Estienne, padre dell’arma corazzata francese, ne sia mai stato a conoscenza, ma è indubbio che il comandante Leonce Ferrus sia stato direttamente coinvolto nella sua genesi.
Il mezzo impiegava una trasmissione mista funzionante a elettricità e a benzina, la Crochat-Colardeau, invero già sperimentata in ambito ferroviario, assistita da un Panhard-Levassor a 4 cilindri e da un generatore collegato a due motori elettrici. Inoltre il design, molto più pesante e largo rispetto allo Schneider, permise alla FAMH[3] di installare una versione migliorata del 75mm, nonché 4 mitragliatrici Hotchkiss poste di fronte, dietro e su entrambi i lati. Infine, malgrado fosse arrivato a pesare 23 tonnellate, il carro riusciva a raggiugere punte di 12km/h, anche se alle volte il lungo muso tendeva ad affondare nel terreno. Nonostante i grossi problemi nell’attraversare fossati e ostacoli[4], l’allora colonnello Estienne rimase molto colpito del fatto che l’iniziativa di produrre 400 carri fosse stata presa, all’atto pratico, senza nemmeno consultarlo.
L’ESPERIMENTO D’OLTREMANICA: IL LITTLE WILLIE
Resosi conto che la guerra sul continente si era ormai impantanata nel fango delle trincee, il British Landship Committee[5] optò per lo sviluppo di un veicolo idoneo a superare le postazioni fortificate tedesche.
Fu così che Sir William Tritton, direttore dalla fabbrica William Foster & Co Ltd, commissionò la costruzione di una macchina adeguata che utilizzasse il concetto preesistente del disegnatore capo William Rigby (29 luglio 1915). Il primo prototipo, conosciuto con il nome di N°1 Lincoln Machine, condusse le prove iniziali nel cortile della Fonderia di Wellington (9 settembre): fin da subito emerse che la pressione sul terreno era troppo elevata per poter sterzare adeguatamente, al punto da costringere gli ingegneri a modificare le sospensioni e ad allungare i cingoli. Da questi interventi nacque il Little Willie[6], dotato di un motore Daimler da 105 cavalli e armato, nelle intenzioni originarie, con un cannone Vickers da 2 libbre e 6 mitragliatrici Madsen. Dopo ulteriori test si capì tuttavia che il veicolo non era ancora adatto all’impiego operativo, e nel novembre del 1915 l’intero progetto fu archiviato.
LA MATURITA’: LA SERIE “MARK”
Dal Little Willie sarebbe invece nato il Mark I, nel quale i cronici problemi di trazione furono superati grazie a dei cingoli che correvano lungo tutto l’asse dello scafo. Provvisto di una struttura romboidale, esso ricorreva inoltre a una soluzione presa in prestito dall’ingegneria navale, montando due pezzi d’artiglieria in altrettante gondole laterali[7].
Il primo ordine fu emesso il 12 febbraio 1916, seguito da un altro nella giornata del 21 aprile: la Foster avrebbe dovuto produrre un totale di 37 unità maschili, mentre la Metropolitan Carriage Wagon and Finance Company di Birmingham altre 113, di cui 75 nella versione femminile. Quest’ultima, pur differendo dalla precedente perché equipaggiata solo con mitragliatrici leggere, ne condivideva l’equipaggio di 8 uomini e il motore da 6 cilindri raffreddato ad acqua, raggiungendo punte di 3,2km/h.
Il tank ebbe moltissime evoluzioni fino al modello VIII, dove la scelta di separare il propulsore dal resto dei compartimenti mitigò i seri problemi di abitabilità. Nondimeno, l’estrema lentezza (9km/h) e la mancanza di una protezione efficace lo avrebbero reso obsoleto già negli anni ’20, tanto che gli inglesi si risolsero nell’utilizzare carri medi e leggeri come, ad esempio, il Mark A Whippet e quelli sviluppati dalla Vickers.
LA REAZIONE TEDESCA: L’A7V
L’A7V rappresentò nel concreto la risposta teutonica ai veicoli messi in campo dall’Intesa, formulata da una commissione tecnica (Allgemeines Kriegsdepartement, Abteilung 7 Verkehrswesen) istituita nel novembre del 1916 dal Ministero della Guerra. Le specifiche iniziali prevedevano che il mezzo, spinto da un unico motore da 80 o 100 cavalli, si muovesse ad almeno 12km/h su strada e 6 sui terreni accidentati: previsione, questa, fin troppo ottimistica considerando che gli esemplari di serie avevano una doppia motrice, oltre che la metà dell’armamento auspicato.
Dalle linee semplici e spigolose, l’A7V consisteva in un imponente scafo appoggiato sulla stessa cingolatura; sul muso vi erano due piastre da 30mm inclinate per deflettere i colpi, mentre sul retro e ai lati tale spessore si riduceva, rispettivamente, a 20 e a 16mm; degno di nota era il cambio con differenziale di tipo Adler, il quale rendeva la guida assai più agevole rispetto a quanto non accadesse nei concorrenti diretti; anche le sospensioni, dotate di una molla elicoidale all’interno di un manicotto, erano piuttosto avanzate; infine l’armamento contemplava un cannone corto Maxim-Nordenfeldt da 57mm, coadiuvato da ben 6 mitragliatrici MG-08 da 7.92mm. Ciò portava l’equipaggio a una cifra considerevole di 18 uomini, cosa mai accaduta in nessun altro carro armato della storia.
Malgrado non siano mai stati realizzati in gran quantità, essi fecero comunque in tempo a misurarsi coi temibili rivali prendendo parte, tra il 24 e il 25 aprile 1918, al celebre scontro di Villers-Bretonneux[8].
IL RENAULT FT: STORIA DI UN GRANDE SUCCESSO
All’indomani del conflitto, buona parte degli eserciti europei si sarebbe però orientata sui carri medi dove il Renault FT, in virtù della semplicità di fabbricazione e di utilizzo, si impose rapidamente sul mercato. Parte di questo successo risiedeva nell’incredibile versatilità mostrata dalla cellula, in grado di accogliere una mitragliatrice leggera Hotchkiss o, in alternativa, un cannoncino Puteaux da 37mm.
Una combinazione così vincente non mancò di dar vita a una lunga serie di cloni e derivati come, ad esempio, il Fiat 3000 per l’Italia, il quale rappresentò l’unico corazzato a disposizione del Regio Esercito per tutti gli anni ’20. Altre varianti degne di nota sono l’americano M1917, prodotto in 952 esemplari fino alla conclusione delle ostilità, e il carro leggero T-18, costruito in Russia fra il 1928 e il 1931
Con l’avvento degli anni ’30 e di modelli più all’avanguardia, anche il Renault divenne un design irrimediabilmente obsoleto. Nonostante ciò, si stima che alla vigilia dell’invasione tedesca (1940) la Francia ne schierasse ancora 500, mentre le forze d’occupazione del Reich li impiegarono per compiti di polizia e di repressione, arrivando in seguito a vagliare la possibilità di utilizzarli nella difesa di Parigi.
Alla stregua di quanto avvenuto nello scorso articolo, ciò che avete letto è solo un estratto delle tematiche analizzate, in maniera molto più approfondita, nel secondo e ultimo appuntamento della serie “La Nascita del Carro Armato”. Se non avete ancora soddisfatto la vostra sete di curiosità, questo è il momento giusto per gustarvi l’ottimo video realizzato dal canale YouTube Parabellum.
Buona visione!
Mirko Campochiari e Niccolò Meta
La Minerva
NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] L’unica volta che venne impiegato in massa fu il 18 luglio 1919, nel saliente di Soissons-Reims, con ben 216 carri.
[2] Anche agli occhi meno esperti, il Saint Chamond ricorda da vicino il progetto di Levavasseur sia per quanto concerne la forma generale, sia per l’armamento.
[3] La Compagnie des forges et aciéries de la marine et d’Homécourt (FAMH) di Saint-Chamond si occupò della produzione del carro.
[4] Queste problematiche furono la conseguenza dei cingoli troppo corti, oltre che del corpo principale molto esteso.
[5] Tale comitato era stato posto sotto la guida del leggendario Winston Churchill (1874-1965).
[6] È interessante notare come un simile nomignolo nascesse per schernire il Kaiser tedesco, Wilhelm II.
[7] Si parla del 6 pounder da 57mm della Hotchkiss.
[8] Paradossalmente, l’A7V non è stato il carro più utilizzato dai tedeschi durante la Grande Guerra: tale primato spetta infatti ai Mark inglesi, catturati e rimessi in servizio in unità miste.
- Tanks: A Century of Tank Warfare, di Oscar E. Gilbert, Romain V. Cansière (Inglese)
- Armoured Fighting Vehicles of the World, di Chris Ellis and Peter Chamberlain (Inglese)
- The Conduct of War, 1789-1961: A Study of the Impact of the French, Industrial, and Russian Revolutions on War and its Conduct di Maj.-Gen J. F. C. Fuller (Inglese)
- Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano, di Nicola Pignato e Filippo Cappellano
- La Meccanizzazione dell’esercito fino al 1943 tomo I & 2, di Lucio Ceva e Antonio Curami, Stato Maggiore dell’esercito, ufficio storico
- Armored warfare: The British, French, and German experiences, di Williamson Murray, Cambridge University Press (Inglese)
- Tank: The Definitive Visual History of Armored Vehicles, diDorling Kindersley, Smithsonian Institution (Inglese)
- Passato e futuro nell’”orizzonte tecnico” di Guido da Vigevano, di Settia Aldo, tratto Future Wars: Storia della distopia militare, pag 93–108, Acies Edizioni
- La Carrozza nella Storia della Locomozione, di Luigi Belloni
- Armoured fighting vehicles of the World, di Duncan Crow, 1970 (Inglese)
- L’aube de la gloire: Les autos mitrailleuses et les chars francais pendant la Grande Guerre, histoire technique et militaire, arme blindee, cavalerie, chars, di Alain Gougaud (Francese)
- Kraftfahrzeuge und panzer des österreichischen heeres 1896 bis heute (Tedesco)
- Voices Prophesying War: Future Wars, 1763-3749, di I. F. Clarke (Inglese)
- Motorbuch Verlag, di Walter J. Spielberger, 1976 (Tedesco)
- Der erste Kampfpanzer der Welt: Günther Burstyn und sein Motorgeschütz, di Helmut W. Malnig, Truppendienst, p.309, (Tedesco)
- Tactics and Procurement in the Habsburg Military, 1866-1918: Offensive Spending, di John A. Dredger (Inglese)
- L’Ansaldo e l’industria bellica, di Andrea Curami
L’ha ripubblicato su La Minerva.
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