7 settembre 1940, Regno Unito

Per il primo di 57 giorni consecutivi, Londra viene messa a ferro e fuoco dall’aeronautica militare tedesca: si tratta dell’ora più buia per il Premier Winston Churchill (1874-1965), subentrato nel mese di maggio al dimissionario Neville Chamberlain (1869-1940).

Tramontata ogni possibilità di concludere un rapido armistizio con il governo britannico, Adolf Hitler (1889-1945) emanò una breve direttiva (16 luglio 1940) nella quale sollecitava il Comando Supremo (OKW) affinché redigesse un piano d’invasione (nome in codice: operazione Leone Marino). La bozza definitiva, approvata il 30 agosto nonostante lo scetticismo di alcune figure legate alla Wehrmacht, prevedeva lo sbarco di 9 divisioni lungo le spiagge di Folkestone, New Romney, Rye, Hastings, Bexhill, Eastbourne, Beachy Head e Brighton, seguite da 8 formazioni moto-corazzate e da altre 6 di fanteria; alla Luftwaffe[1] sarebbe invece spettato il compito di sopperire all’inferiorità numerica della Kriegsmarine[2], assicurando al contempo la neutralizzazione della Royal Air Force (RAF). Presupposto che, col senno di poi, sarebbe presto sfumato di fronte alla tenacia e allo spirito di sacrificio mostrati dai difensori[3].

Dal canto loro, questi ultimi disponevano soltanto di 23 unità afflitte da una grave carenza di artiglierie campali, mitragliatrici e cannoni anticarro, abbandonati sul continente europeo dopo la fortunosa evacuazione di Dunkerque (Operazione Dynamo), nonché di un quantitativo irrisorio di mezzi blindati[4]. Per rimpinguare le difese si era quindi provveduto all’arruolamento di una milizia volontaria, l’Home Guard, i cui 500.000 effettivi scontavano però un addestramento basilare.

Interessante documentario tratto dal canale YouTube “studio del bianco”

Il 13 agosto, una volta che gli attaccanti ebbero cancellato qualsiasi traccia di attività nel Canale della Manica (Kanalkampf), il maresciallo Hermann Göring (1893-1946) diramò l’ordine di procedere con la seconda fase: nelle settimane successive, la Luftwaffe avrebbe intensificato i propri sforzi colpendo aeroporti, centri urbani, fabbriche e stazioni radar, accusando tuttavia perdite ingentissime[5]. Cruciali in tal senso furono le severe restrizioni imposte ai piloti dei caccia, in primis la scelta di non assecondarne la naturale aggressività obbligandoli, piuttosto, a rimanere in formazione vicino ai lenti e goffi bombardieri. Occorre inoltre puntualizzare quanto i Messerschmitt Bf-109, spesso incaricati di condurre le missioni di scorta, non disponessero dell’autonomia sufficiente per restare a lungo nel teatro operativo, mentre i bimotori Bf-110 stentavano a reggere il confronto con i più agili Spitfire e Hurricane.[6]

Appena un mese dopo, nella giornata del 15 settembre, circa 1.500 velivoli si sarebbero misurati in un scontro di vitale importanza per l’esito della campagna: malgrado le terribili devastazioni inflitte alla capitale, l’assalto germanico venne di nuovo respinto senza che il dispositivo militare inglese evidenziasse particolari segni di cedimento[7]. Fu allora che lo stesso Hitler, stanco delle continue promesse del suo ministro per l’aeronautica, maturò la decisione di rinviare sine die qualunque progetto per lo sbarco (19 settembre): il pesante bilancio a sfavore di Berlino – quasi 2.000 aeroplani persi contro i 1.700 nemici– aveva reso inattuabili i propositi dell’OKW[8], mentre le capacità produttive del Regno Unito permisero alla RAF di mantenere in servizio un numero adeguato di apparecchi.

Oltre ad aver posto un freno alla sequela pressoché ininterrotta di vittorie naziste, la battaglia d’Inghilterra (10 luglio-31 ottobre 1940) ha il merito di aver inaugurato un cambiamento epocale nel modo di condurre le operazioni belliche: l’impiego massiccio della componente aerea costrinse infatti i protagonisti a rivedere le proprie dottrine, trasformando l’aviazione da semplice strumento di supporto in arma risolutiva[9].

Niccolò Meta

La Minerva

Classificazione: 5 su 5.

NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] La Luftwaffe è stata, tra il 1935 e il 1945, l’aeronautica militare del Terzo Reich.

[2] La Kriegsmarine è stata la marina militare del Terzo Reich.

[3] Cruciale per il successo dei difensori fu inoltre l’apporto del radar, utilissimo per rilevare le formazioni di bombardieri e caccia tedeschi.

[4] Nel settembre del 1940, gli inglesi potevano contare su meno di 700 mezzi corazzati, in gran parte carri leggeri MkVIB con blindatura e armamento inidonei a perforare le corazze dei Panzer.

[5] Fra il settembre del 1940 e il maggio del 1941, la Luftwaffe colpì sistematicamente la capitale con il preciso intento di fiaccarne la resistenza. Questo periodo, ricordato con l’appellativo di “The Blitz“, causò la morte di almeno 40.000 civili e il ferimento di altri 100.000.

[6] La Battaglia d’Inghilterra espose i limiti di svariati apparecchi tedeschi: i bombardieri medi Dornier, Heinkel e accusarono gravi perdite, risultato di un armamento difensivo inadatto a respingere i caccia avversari, così come i famigerati Ju-87 “Stuka”.

[7] All’atto pratico, nonostante il gran numero di aeroplani pronti all’utilizzo, la RAF scontava una cronica mancanza di piloti e di personale combat-ready.

[8] Oltre alle ingenti perdite, il peggioramento delle condizioni meteo svolse un ruolo fondamentale nella cancellazione del piano “Leone marino”.

[9] È utile puntualizzare che simili intuizioni risalivano al 1921, quando il generale italiano Giulio Douhet (1869-1930) pubblicò un’opera destinata a riscuotere ampio successo: Il dominio dell’aria. In essa l’ufficiale italiano, malvisto dai propri omologhi per le feroci critiche indirizzate allo Stato Maggiore dell’Esercito, pronosticava un futuro nel quale le incursioni aeree si sarebbero spinte ben oltre le linee nemiche, danneggiando le infrastrutture e seminando il panico tra la popolazione civile.

  • Storia della seconda guerra mondiale, Giunti Editore, Firenze, 2000.
  • G. Schreiber, La seconda guerra mondiale
  • Aerei della seconda guerra mondiale“, aVALLARDI, Milano, 1996.

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