7 settembre 1953, URSS

Nikita Sergeevič Chruščëv (1894-1971), già commissario politico durante la sanguinosa battaglia di Stalingrado (23 agosto 1942 -2 febbraio 1943), assume formalmente la direzione del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS).

Oltre ad aver rappresentato l’epilogo di una delle stagioni più cruente e repressive della storia russala scomparsa di Iosif Stalin (1879-1953) inaugurò una nuova parentesi nella cornice della Guerra Fredda, invero scandita dalla normalizzazione dei rapporti con l’Occidente e da un allentamento graduale della censura. In questa prima fase, le redini del potere furono assunte da una troika composta da Georgij Malenkov (1902-1988), all’epoca Presidente del Sovmin[1] e Segretario del Comitato Centrale; Lavrentij Berija (1899-1953), capo del Ministero dell’Interno (MVD); Vjaceslav Molotov (1890-1986), reintegrato agli Affari Esteri dopo il breve interregno di Andrej Vyšinskij (1883-1954). Fin da subito, tuttavia, risultò chiaro che un simile equilibrio non fosse destinato ad avere vita semplice.

Dovendo scegliere fra l’amministrazione del Partito e quella dello Stato, Malenkov avrebbe optato per la seconda, favorendo così l’ascesa dell’energico Chruščëv. Viceversa, i progetti visionati da Berija per la transizione verso un assetto tecnocratico offrirono, nei mesi immediatamente successivi, il pretesto ideale per una sua liquidazione[2]: quando la DDR[3] divenne teatro di una rivolta spontanea contro il governo socialista, nel giugno del 1953, gli altri triumviri ne ordinarono infatti l’arresto con l’accusa di alto tradimento [4], preludio di una condanna a morte eseguita al termine di un processo sommario (23 dicembre 1953).

Una volta consolidata la propria presa sugli Interni[5]il fresco Segretario non tardò a inserirsi nella querelle relativa al futuro dell’economia, sostenendo in misura attiva il drastico ammodernamento del settore primario. Tale scelta lo avrebbe posto in aperta competizione con la Presidenza del Consiglio, promotrice di una riforma incentrata sullo sviluppo dell’industria leggera e sulla trasformazione intensiva dell’agricoltura. In ultima istanza, il trionfo del primo indirizzo venne assicurato dall’abilità dell’ex ufficiale nel costruirsi una solida base di consenso, frutto del controllo esercitato sulla macchina burocratica e del prezioso appoggio fornito dal maresciallo Žukov (1896-1974). Non fu quindi una coincidenza se, nel febbraio del 1955, Malenkov venne costretto alle dimissioni[6] in favore di Nikolaj Bulganin (1895-1975), personaggio meno problematico perché sostanzialmente allineato alle iniziative chruščëviane.

L’esempio lampante di questo nuovo corso venne offerto in occasione del XX Congresso del PCUS (14-26 febbraio 1956), incentrato su una moltitudine di tematiche quali l’avallo del sesto piano quinquennale[7], il rilancio della dottrina della “coesistenza pacifica” e, infine, l’abbandono della linea insurrezionale tesa all’abbattimento delle democrazie capitalistiche. Ancora più sconcertanti furono però le rivelazioni emerse dai colloqui del 25 febbraio, polarizzati dal “Rapporto segreto” con cui l’homo novus del Cremlino non si limitava a denunciare i crimini del dittatore georgiano, ma anche le degenerazioni del “culto della personalità“. Nondimeno, la condanna dello stalinismo avrebbe finito per alimentare gravi disordini nelle Repubbliche satelliti, specialmente in Ungheria, dove l’ingresso del Patto di Varsavia stroncò sul nascere qualsiasi velleità liberale (23 ottobre – 4 novembre 1956).

Ottimo documentario relativo al famoso “Rapporto segreto“, esposto il 25 febbraio 1956 durante il XX Congresso del PCUS

Gli anni della segreteria Chruščëv vengono inoltre ricordati per il rapido declino dell’universo concentrazionario, frutto dell’amnistia concessa nel ’53 e del riassetto amministrativo della polizia politica. A tal proposito, è interessante constatare che il periodo di fermento culturale iniziato dopo la morte di Stalin, conosciuto a livello storiografico con la formula di “disgelo”, tragga il proprio appellativo dall’omonimo romanzo pubblicato nel ’54 da Il’ja Erenburg (1891-1967). Malgrado ciò, la redazione di opere imperniate su argomenti fino ad allora proibiti come l’antisemitismo, i gulag e le privazioni inflitte dal regime non poté, nel lungo termine, celare la mancanza di un’effettiva libertà di espressione: piuttosto emblematica fu la vicenda dello scrittore Boris Pasternak (1890-1960), obbligato a rifiutare il Nobel alla letteratura per via delle forti pressioni esercitate da Mosca.

La necessità di garantire l’indipendenza sovietica dalle importazioni di cereali ne avrebbe invece spinto il leader, da sempre fautore di un approccio scientifico, a sperimentare soluzioni ardite per ottenere un incremento della produzione agricola. Nel 1956, il dissodamento delle “terre vergini in Kazakistan e nell’area dei Monti Altai avrebbe infatti assicurato un boom dei raccolti, anche se l’impoverimento del terreno e la mancanza di una pianificazione organica non tardarono, nel giro di qualche anno, a provocare gravi squilibri agli ecosistemi locali.

Con la conclusione della guerra di Corea e il miglioramento delle relazioni con Washington, Chruščëv si prodigò per estendere l’influenza dell’URSS sui Paesi di recente decolonizzazione, impegnandosi al contempo nel rimediare agli “strappi” causati dal predecessore. Le aperture verso la Jugoslavia del maresciallo Tito (1892-1980) e lo scioglimento del Cominform, avvenuti rispettivamente nel maggio del ‘55 e nell’aprile del ‘56, furono però vanificati dall’impatto della Rivoluzione ungherese e dall’ampliamento dell’arsenale atomico, nonché dalle pesanti accuse di revisionismo mosse da Mao Tse-tung (1893-1976) alla luce del XX Congresso[8].

L’esaurimento della parabola chruščëviana si sarebbe consumato in seguito alle crisi di Berlino (4 giugno – 9 novembre 1961) e dei missili di Cuba (16-29 ottobre 1962), determinanti nell’accelerarne la defenestrazione ad opera di una nomenklatura che, fin dall’inverno del ’57, aveva guardato con crescente apprensione all’avventurismo del Primo Segretario. Era il 14 ottobre 1964.

Niccolò Meta

La Minerva

Classificazione: 5 su 5.

NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] L’abbreviazione “Sovmin” sta a indicare il Consiglio dei Ministri dell’Unione Sovietica.

[2] Oltre che ai disegni tecnocratici, Berija diede un forte impulso per ridurre il ruolo amministrativo del partito, perseguendo al tempo stesso una politica di apertura verso le nazionalità non russe. Aspetto non meno importante, egli si era dimostrato favorevole a una riunificazione delle due Germanie, propedeutica a trasformarla in uno Stato cuscinetto. Simili manovre non avrebbero però mancato di allarmare gli altri triumviri, sospettosi di un complotto ordito da quello che Stalin aveva definito “il nostro Himmler”.

[3] Repubblica Democratica Tedesca.

[4] In occasione di un incontro tenutosi il 26 giugno, Berija venne accusato di essere una spia al soldo dei britannici.

[5] Tale manovra venne resa possibile dallo scorporo del Comitato per la Sicurezza dello Stato, meglio noto con l’acronimo di KGB.

[6] Costretto a dimettersi con le accuse di bucharinismo e di abuso di potere, Malenkov tentò di rovesciare Chruščëv nel giugno del 1957. Per sua sfortuna, il fallimento della cospirazione gli sarebbe valso l’espulsione dal Presidium, preludio dell’espulsione dal PCUS (1961).

[7] A causa degli obiettivi troppo ambiziosi, il sesto piano quinquennale venne accantonato in favore di uno settennale (1959-1965), incentrato sullo sviluppo dei settori petrolchimico, agricolo e dei beni di consumo.

[8] L’irrigidimento dei rapporti tra i due Paesi avrebbe condotto, nel corso degli anni ’60, alla disintegrazione dell’unità del mondo comunista, preludio di una serie di schermaglie consumatesi lungo la frontiera sino-sovietica del fiume Ussuri.

• Cigliano G., “La Russia contemporanea. Un profilo storico”, Carrocci Editore, 2013, Roma.

• Valle R., “La metamorfosi della dittatura in Russia dall’età moderna all’età contemporanea”. Rubbettino Editore, 2012, Soveria Mannelli.

4 pensieri riguardo “7 settembre 1953, URSS

  1. optime
    Un sanguinario da niente Kruchov…… durante Stalingrado era il capo dell’NKVD incaricato di far fuori chi non combatteva ad oltranza dal più umile soldato ai generali. Un uomo tenero tenero tenero……

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  2. Inoltre commise un enorme errore strategico. Mal giudicando il disastro CIA della Baia dei Porci provò ad infiltrare i missili a testata atomica in Cuba sottovalutando sia JFK sia la vea potenza amricana: la Marina. US Navy con una Marina da sempre planetaria, l’allora URSS con una marina costiera….

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    1. Esattamente, Aldo. Peraltro Chruščëv accantonò quei piani accarezzati da Stalin per l’allestimento di una poderosa Marina oceanica, temendo che le grandi unità di superficie risultassero vulnerabili agli ordigni nucleari.

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