Sotto la direzione di Erich Ludendorff (1865-1937), Primo Quartiermastro dell’esercito guglielmino e intimo collaboratore del generale von Hindenburg (1847-1934), viene sferrata l’“offensiva di primavera”. Si tratta dell’ultimo e più estremo tentativo di sconfiggere gli Alleati, mettendo così la parola fine al sanguinoso conflitto.
In seguito all’entrata in vigore dell’armistizio con la Russia bolscevica (17 dicembre 1917), premessa di una lunga serie di negoziati che culminarono nella pace di Brest Litovsk (3 marzo 1918), il Comando Supremo (OHL) poté intensificare i preparativi per una nuova campagna a ovest: le imponenti manovre condotte ora dalle truppe francesi (aprile-maggio, ottobre), ora da quelle britanniche (aprile-maggio, giugno, luglio-novembre, novembre-dicembre) avevano infatti causato gravi perdite tra le forze del Reich, già provate dal blocco navale imposto tre anni prima dall’Intesa. Altrettanto significative si erano rivelate le lezioni apprese durante la battaglia di Cambrai (20 novembre-7 dicembre 1917), scontro che aveva palesato la vulnerabilità del sistema difensivo teutonico, il Siegfriedstellung, rispetto a un attacco congiunto fra carri armati, artiglieria e componente aerea.
L’episodio chiave nell’indurre Berlino a un cambio di strategia[1] fu, nondimeno, l’apertura delle ostilità con Washington (6 aprile 1917), conseguenza di molteplici fattori come la ripresa della guerra sottomarina indiscriminata (1 febbraio) e la pubblicazione del “Telegramma Zimmerman” (28 febbraio)[2]. Benché non si fosse ancora tradotto in un apporto decisivo, le implicazioni derivanti da un coinvolgimento statunitense in Europa apparivano chiare: l’arrivo di 1.500.000 di combattenti animati da una fiducia incrollabile nella vittoria, unito a una capacità industriale per nulla inferiore a quella degli altri belligeranti, avrebbe sicuramente prosciugato le energie residue degli Imperi Centrali, sancendone in questo modo l’inevitabile collasso.
Alla vigilia dell’operazione Michael, gli uomini del Kaiser godevano comunque di una certa preponderanza in materia di equipaggiamenti e di personale: sostenute da 6.600 cannoni di vario calibro, 3.500 mortai e 326 aeroplani, 65 divisioni avrebbero investito la 3ª e la 5ª Armata del BEF su un fronte largo 70km[3][4]; propedeutico al successo del piano era perciò l’ottenimento dell’effetto sorpresa, frutto di una complessa attività di depistaggio che aveva spinto gli inglesi a prospettare un’azione più a nord, nell’area delle Fiandre.
Tale superiorità non si esauriva nell’aspetto numerico: forti dell’esperienza maturata sul campo, gli ufficiali Oskar von Hutier (1857-1934) e Georg Bruchmüller (1863-1948) avevano affinato alcune tattiche basate sull’infiltrazione di piccole squadre d’assalto, le Stoßtruppen, tra i punti deboli della compagine avversaria. Lo scopo era quello di violarne le difese aggirandone i focolai di resistenza, i quali sarebbero rimasti alla mercé della fanteria ordinaria. Inoltre, a differenza di quanto stabilito dalla dottrina militare classica, i rinforzi sarebbero stati inviati laddove l’avanzata incontrava un’opposizione minore. Grande enfasi veniva infine attribuita alla neutralizzazione di bersagli come linee telefoniche, pezzi d’artiglieria e centri di comando, resa possibile dall’impiego combinato di munizioni esplosive e a gas.
Il bombardamento preliminare ebbe dunque inizio alle 04:40, concentrandosi sulle postazioni ubicate a sud-ovest di Saint Quentin. In sole cinque ore di fuoco tambureggiante, il più massiccio e violento mai registrato sino ad allora, una zona vasta 400 km² venne sconvolta da una pioggia di 3.500.000 di proiettili. Ad esso fece seguito l’intervento dei reparti scelti che, approfittando della scarsa visibilità, ripulirono le trincee nemiche a colpi di granate e raffiche di mitragliatrici[5].
Un simile slancio si sarebbe mantenuto anche nelle giornate successive: il 23 marzo la ritirata dei britannici permise l’attraversamento della Somme e del Canale Crozat, invero favorito dalla mancata distruzione delle infrastrutture; nel corso del 25, gli aggressori sfruttarono una breccia nello schieramento alleato per occupare i villaggi di Noyon e di Bapaume; il 27 fu il turno del comune di Montdidier, distante un’ottantina di km da Parigi.
È bene puntualizzare come tali progressi, per quanto sbalorditivi se inseriti nella cornice della guerra di posizione, rimasero circoscritti a settori di limitata rilevanza strategica[6]. A ciò andavano sommati quei problemi inerenti alla dimensione tattica: un affidamento eccessivo alle Stoßtruppen, veterane di innumerevoli battaglie e, pertanto, insostituibili; la difficoltà nel braccare gli anglo-francesi durante il loro ridispiegamento, imputabile alla penuria di mezzi gommati e unità di cavalleria; un apparato logistico del tutto inidoneo a supportare un attacco così in profondità[7].
Malgrado le complicazioni appena descritte, la fase iniziale della Kaiserschlacht (battaglia del Kaiser) si protrasse con rinnovato vigore fino al 5 aprile. A partire dal 28 marzo, la 3ªArmata inglese fu coinvolta in misura attiva nella difesa di Arras, respingendo un assalto condotto da non meno di 11 divisioni (operazione Mars). Due giorni dopo, le truppe canadesi tentarono invece di riprendere il Bosco di Moreuil: azioni come questa obbligarono le forze guglielmine a distogliere utili risorse dal fronte di Amiens, divenuto nel frattempo l’obiettivo primario di Ludendorff. Gli ultimi scontri si sarebbero consumati nella località di Villers Bretonneux (30 marzo-5 aprile) e lungo il fiume Avre (4-5 aprile), concludendosi con una vittoria dell’Intesa.
Il bilancio finale dell’operazione Michael poté ritenersi, sul piano concreto, fallimentare: la cattura di circa 90.000 prigionieri assieme a 1.300 cannoni, unita all’eliminazione di quasi 200 veicoli corazzati, aveva infatti richiesto un altissimo tributo in termini di vite umane (240.000 tra morti, feriti e dispersi). Parimenti, la conquista di un’area ampia 3.100 km² non sembrava giustificare la creazione di un saliente poco difendibile.
Nei mesi a venire, i tedeschi avrebbero scatenato altre quattro offensive per piegare gli avversari: Georgette (7-29 aprile); Blücher-Yorck (27 maggio-6 giugno); Gneisenau (9-14 giugno); Friedensturm (15 luglio-6 agosto). Alla stregua di quanto già accaduto, nessuna di loro sarebbe riuscita nell’intento.
Niccolò Meta
La Minerva
NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] In seguito alle dispendiose battaglie del 1916 (Verdun e la Somme in primis), l’OHL optò per una strategia difensiva sul fronte occidentale, testimoniata dalla realizzazione del Siegfriedstellung (la cosiddetta “Linea Hindenburg”).
[2] Il Telegramma Zimmermann fu un documento segreto nel quale l’omonimo ministro, consapevole dell’avvicinamento diplomatico fra Washington e l’Intesa, propose al governo messicano un’alleanza in chiave anti-americana. Qualora gli Stati Uniti fossero entrati in guerra contro le Potenze Centrali, Berlino avrebbe offerto il proprio supporto logistico e finanziario, prodigandosi per la restituzione dei territori persi nel conflitto del 1846-48.
[3] Il British Expeditionary Force (BEF) è stato il corpo di spedizione britannico in Francia.
[4] Dal canto loro, gli inglesi potevano schierare solamente 26 divisioni. La 5ª Armata del generale Gough (1870-1963) era peraltro afflitta da una preoccupante carenza di effettivi, con alcuni reparti ridotti al 50% della loro forza nominale.
[5] Bastò appena un giorno perché i combattenti della 18ªArmata, stazionata sul fianco sinistro del teatro operativo, progredissero di 7 km facendo migliaia di prigionieri. Meno positivi furono invece i risultati ottenuti sull’ala destra, dove gli uomini guidati da Otto von Below (1857-1944) e Georg von der Marwitz (1856-1929) incontrarono maggiori resistenze.
[6] Molti di questi territori erano stati teatro dalla famigerata battaglia della Somme (1 luglio-18 novembre 1916), oltre che dell’operazione Alberich (9 febbraio-20 marzo 1917).
[7] Un ruolo altrettanto cruciale fu giocato dalla stanchezza dei soldati, sottoposti a marce sfiancanti senza i necessari rifornimenti, nonché dall’improvvisazione di Ludendorff, solerte nell’apportare continue modifiche al piano d’azione originario.
– German Tactics For 1918 Spring Offensive I THE GREAT WAR Special;
– Kaiserschlacht – German Spring Offensive 1918 I THE GREAT WAR Week 191;
– Backs To The Wall – All Eyes On Amiens I THE GREAT WAR Week 192;
– Operation Michael Runs Out Of Breath I THE GREAT WAR Week 193;
– Stackpole. P.T., German Tactics in the “Michael” Offensive, March 1918, 1981;
– Watson. A., German Spring Offensives 1918, International Encyclopedia of the First World War.
L’ha ripubblicato su La Minerva.
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Lineare e coinvolgente.
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Grazie mille, Carlo! Felicissimo che l’articolo sia stato apprezzato!
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