Il Bahrein e l’attivismo politico: un lungo appuntamento mancato con la democrazia

La rivoluzione del 2011 è solo l’ultimo episodio di una lotta per la democrazia e la libertà che ha caratterizzato tutta la storia contemporanea del Bahrein. Se nel Paese la democrazia non ha mai realmente attecchito, la responsabilità è principalmente da attribuire all’ultracentenaria monarchia degli Al Khalifa. Se dunque a livello istituzionale la democrazia è sempre stata osteggiata, a livello civile, fervore e partecipazione politica hanno da sempre caratterizzato la popolazione bahrenita.

Ricostruire la storia dei movimenti politici del Bahrein, significa anche definire l’evoluzione e le trasformazioni politiche ed economiche del Paese, allargando lo sguardo anche allo scenario regionale.

Manifestanti fotografati durante le proteste del 2011 (Fonte: NenaNews.it)

Le prime proteste colpirono il Bahrein negli anni Trenta del Novecento[1]. In quegli anni, il Paese stava sperimentando una transizione economica dal fiorente commercio delle perle, destinato ormai al tramonto, ad un’economia fondata principalmente sul petrolio. I primi giacimenti erano infatti stati scoperti nel 1931. Le proteste esplosero per le nuove condizioni che affliggevano i lavoratori. Da un lato infatti, l’economia in forte crescita stava richiamando nel Paese migliaia di lavoratori immigrati, dall’altro il colonialismo britannico faceva pressioni per modernizzare l’industria delle perle, contribuendo alla crisi di questo settore.

Alla delicata situazione interna faceva da contraltare un crescente fervore democratico che aveva infiammato le proteste nella regione. Il 1938[2] fu l’anno in cui le popolazioni arabe del Golfo cercarono di instaurare un dialogo con i regimi, con l’obiettivo di democratizzare le istituzioni. Se in Kuwait i Majilis Movements ottennero delle concessioni dal governo, con l’instaurazione di un’assemblea elettiva, in Bahrein le proteste vennero duramente represse.

È, tuttavia, negli anni Cinquanta, con l’esplodere dell’ideologia nazionalista del Nasserismo in tutto il Medio Oriente, che in Bahrein si formò il più grande movimento popolare nazionale. Si trattava di un movimento politico incolore, che prescindeva dalla divisione sciita o sunnita. Una retorica, quella settaria, che, tuttavia, riapparirà nello scenario bahrenita successivamente e che sarà manipolata efficacemente dalla monarchia degli Al Khalifa per dividere la popolazione e mantenere ben saldo il potere.

Nel 1953 venne fondato l’Higher Executive Committee, costituito in equa misura da sunniti e sciiti[3]. A questa commissione va riconosciuto il merito di aver contribuito alla nascita della prima unione sindacale nel Paese e di aver formulato nel 1957 la prima legge sul lavoro. Nonostante l’impegno sociale, questa commissione venne silenziata dal governo pochi anni dopo la sua nascita.

Gli anni successivi, quelli che vanno dal 1956 al 1971, furono anni turbolenti. In altre parole, iniziarono ad emergere movimenti radicali clandestini[4]. Facendo seguito agli sviluppi politici dell’intera regione medio-orientale, fecero la loro apparizione sulla scena, il Movimento dei Nazionalisti Arabi e il Fronte di Liberazione Nazionale. La missione di questi gruppi politici era chiara sin dal nome. Il Movimento dei Nazionalisti Arabi era un gruppo sorto in Libano, focalizzato principalmente sulla liberazione della Palestina, e in senso più ampio, sulla liberazione dell’intero mondo arabo dal colonialismo inglese e francese. Il Fronte di Liberazione Nazionale era invece un gruppo comunista fondato nel 1955 e influenzato fortemente dall’Iran. Entrambi i movimenti erano pronti alla lotta armata per il rovesciamento dei regimi autoritari. La rivoluzione del 1965 fu una grande opportunità per vederli all’azione. Le proteste, che infiammarono nel Paese a causa di un programma di licenziamenti su larga scala messo a punto dal governo, furono tuttavia represse con violenza dal regime.

Se da un lato, l’ideologia nazionalista perse consensi in Bahrein e in generale un po’ ovunque nel Medio Oriente, a causa della disfatta di Nasser, d’altro canto il fervore anticolonialista fu molto attivo negli anni Sessanta. Un decennio dopo, nel 1971, il Bahrein otteneva l’indipendenza dal Regno Unito.

(Fonte: Wikimedia Commons)

La lotta armata e le organizzazioni clandestine non riscossero molto successo nel Paese. Di conseguenza, negli anni Settanta la mobilitazione popolare si mosse nuovamente su canali legali, con la fondazione di una Constitutive Committee for the General Federation of Workers in Bahrein[5]. Fu il primo movimento popolare del post-indipendenza. Questa commissione era costituita da membri del Fronte Popolare per la Liberazione dell’Oman e del Golfo Arabo, del Fronte di Liberazione Nazionale e del Movimento dei Nazionalisti Arabi. L’obiettivo era istituire un’unione sindacale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori. Fallito questo progetto, a causa dell’opposizione del governo, nel 1972 scoppiò una protesta. Le pressioni popolari spinsero il governo a promettere riforme politiche ed economiche. Il risultato politico più importante raggiunto, fu l’istituzione nel 1972 di un’Assemblea Costituente per la redazione di una Costituzione.

Tra il 1979 e il 2000 le dinamiche politiche interne furono fortemente influenzate dallo scenario regionale. Nel 1979 infatti, scoppiò la Rivoluzione Islamica in Iran. Quest’ondata di fervore religioso si diffuse anche tra gli sciiti del Bahrein. In questo scenario, due movimenti sciiti fecero la loro apparizione, Hizb al Da’wa al-Islamiyya e il movimento Shirazi. Se il primo fu un movimento moderato che aspirava alla concessione di riforme politiche e sociali, il secondo fu un movimento più radicale, che mirava all’istituzione di una repubblica islamica. Forti tensioni caratterizzarono il Paese in quegli anni e il tentativo di colpo di stato del 1981 fu solo uno degli esempi più evidenti. Accanto al radicalismo, negli anni Novanta si diffuse nel Paese anche un’ondata di proteste moderate. L’obiettivo era quello di ricostituire la Costituzione del 1973 e di stabilire nel Paese una reale democrazia. Questi anni di mobilitazioni e proteste ebbero come risultato alcune promesse democratiche da parte del governo. Il 2000 si aprì con la stesura della National Action Charter e di una nuova Costituzione[6]. C’erano, insomma, tutte le premesse per la nascita di una monarchia costituzionale. Le premesse, tuttavia si scontrarono con una realtà fatta di repressione, violenza e violazione dei diritti umani.

Oggi lo scenario politico in Bahrein appare frammentato. Non solo la retorica settaria del governo ma anche la mancanza di un’idea politica comune e la reclusione degli attivisti politici nelle carceri del Bahrein, fomenta divisioni e rende l’opposizione al regime debole e inefficace. Alla luce di queste premesse, le speranze e i sogni democratici del Bahrein giacciono oggi nell’attivismo politico esterno al Paese.

Alessia Caizzone

La Minerva

Classificazione: 5 su 5.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] O. Al-Shehabi (2017), Political Movements in Bahrain Across the Long Twentieth Century, in Hanssen J., and Ghazal A. (eds), The Oxford Handbook for the Contemporary Middle-Eastern and North African History, Oxford University Press, p. 7  DOI: 10.1093/oxfordhb/9780199672530.013.27,  p. 6

[2] O. Al-Shehabi, Political Movements in Bahrain: Past, Present, and Future, Jadaliyya, Arab Studies Institute, 2012, https://www.jadaliyya.com/, p.2

[3] O. Al-Shehabi, Political Movements in Bahrain: Past, Present, and Future, Jadaliyya, Arab Studies Institute, 2012, https://www.jadaliyya.com/,p.2

[4] O. Al-Shehabi, Political Movements in Bahrain: Past, Present, and Future, p.2

[5] O. Al-Shehabi, Political Movements in Bahrain: Past, Present, and Future, p.4

[6] O. Al-Shehabi, Political Movements in Bahrain: Past, Present, and Future, p. 5

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