Unità 731: la pagina rimossa della storia giapponese

«La nostra missione divina in quanto medici è quella di sfidare tutte le varietà di microrganismi che causano malattie; di bloccare loro qualsiasi via d’accesso al corpo umano; di annientare ogni particella estranea che vi risiede; di definire il trattamento più rapido possibile.

Nondimeno, il lavoro di ricerca in cui stiamo per imbarcarci è il completo opposto di tali principi, e ciò potrebbe provocarci tormento».

Shirō Ishii, microbiologo e comandante dell’Unità 731. Tratto da “Factories of death: Japanese biological warfare, 1932-45, and the American cover-up”, di Sheldon H.Harris.

Quella dei lager nazisti è una cicatrice impressa indelebilmente nella memoria collettiva: essi hanno infatti rappresentato, senza la benché minima ombra di dubbio, uno dei capitoli più violenti e raccapriccianti della storia umana. Campi di “lavoro”, o di morte per meglio dire, ideati da menti sadiche affinché vi si perpetrassero torture, umiliazioni e lo sterminio sistematico di milioni di innocenti. Il tutto “motivato” dall’appartenenza, benché senza la propria consapevolezza o volontà esplicita, a una particolare etnia, fede religiosa o a un diverso schieramento politico e, per tali ragioni, considerati esseri inferiori, privi di qualsiasi diritto alla vita e alla libertà. Carne da macello, in parole povere. Nel presente articolo discuteremo di come simili pratiche non siano state condotte dai soli tedeschi, come è universalmente noto, ma anche dai giapponesi. Più nello specifico, verrà fatta chiarezza sulle atrocità commesse dall’Unità 731 (731 部 隊), che nulla ebbe da invidiare alle famigerate SS di Heinrich Himmler. Ma procediamo per gradi.

STORIA E ORGANIZZAZIONE

Il 18 settembre 1931, l’armata del Kwantung diede inizio all’invasione della Manciuria, una regione situata nella parte nord-orientale della Cina, riuscendo in breve tempo a impadronirsi delle principali aree strategiche. Nei mesi successivi, essa avrebbe proseguito la propria avanzata senza incontrare alcuna resistenza credibile, complici lo scarso addestramento e l’inesperienza delle truppe cinesi. Sul finire delle ostilità, nel febbraio del 1932, gli aggressori diedero quindi vita a uno Stato fantoccio conosciuto con il nome di Manciukuò, una repubblica[1] prostrata ai voleri del Sol Levante e alimentata dal sangue dei vinti: l’occupazione nipponica viene infatti ricordata per le terribili violenze ivi perpetrate[2], al punto che in occasione del processo di Tokyo (3 maggio 1946 – 12 novembre 1948) vennero addotti svariati capi d’accusa quali stupri di massa, uccisioni, utilizzo di armi biologiche e chimiche, lavoro coatto, torture e sperimentazioni su cavie umane.

Proprio nel Manciukuò, trattandosi di una zona isolata e perciò lontana da occhi indiscreti, venne istituita (1936) una sezione segreta di ricerca dell’esercito imperiale: l’Unità 731. Essa rispondeva alla nomenclatura ufficiale di “Dipartimento per la prevenzione epidemica e per la purificazione dell’acqua dell’esercito del Guandong (Kwantung)”, ed era formalmente incaricata di realizzare nuovi impianti per il trattamento idrico. Furono inoltre condotti degli esperimenti su alcuni volontari ma, all’infuori di queste attività di facciata, le cose assunsero ben presto una piega spaventosa.

Benché il Protocollo di Ginevra (1925) proibisse l’impiego delle armi non convenzionali, i nipponici vollero comunque prepararsi a questo tipo di guerra. Portarono così avanti le loro ricerche, iniziando a testarne i frutti sui prigionieri e sulla popolazione locale (in particolar modo su quella cinese). Non bisogna infatti dimenticare che, almeno fino alla conclusione del secondo conflitto mondiale, i giapponesi nutrivano la ferrea convinzione di discendere dalla dea del Sole, Amaterasu[3], considerando l’imperatore alla stregua di una vera e propria divinità. Si reputavano pertanto una razza eletta, superiore a qualsiasi altra esistente al mondo, nonché giustificati nell’oppressione di queste perché ritenute sacrificabili; dei “tronchi” (maruta), come vennero definiti gli incolpevoli “pazienti”[4]. Così, con la copertura della Kempeitai[5] e delle sperimentazioni legali (ergo nel completo anonimato), l’Unità 731 si macchiò di orrendi crimini con lo scopo di produrre nuovi ritrovati bellici, gli unici giudicati in grado di volgere le sorti della guerra in favore del Sol Levante.

L’organizzazione del distaccamento era piuttosto complessa, suddivisa in più reparti istruiti con compiti ben precisi:

  • la 1ª Divisione aveva finalità di ricerca. I medici al suo interno studiavano e coltivavano gli agenti patogeni da utilizzare come armamenti, in quanto vettori di malattie altamente contagiose quali la peste bubbonica, l’antrace, il tetano, il tifo, il colera e la tubercolosi;
  • la 2ª Divisione si occupava invece della progettazione delle bombe, nonché del relativo testing;
  • la 3ª gestiva le operazioni per la purificazione idrica e, a partire dal 1944, ricevette l’incarico di costruire dei container adatti al trasporto di tali ordigni;
  • la 4ª aveva l’ordine di conservare e produrre in massa i batteri;
  • le sezioni restanti (dalla 5ª all’8ª) avevano svariate responsabilità tra cui l’addestramento delle reclute, la gestione della logistica, la fornitura delle attrezzature e dei mezzi necessari alle esigenze produttive, nonché l’amministrazione generale degli impianti.

IL PERSONALE COINVOLTO E GLI “ESPERIMENTI”

Stando alla documentazione desecretata dagli Archivi Nazionali, è emerso che l’Unità 731 fosse costituita da circa 3.600 uomini fra soldati, scienziati, ingegneri e infermieri, e che fosse posta sotto l’egida del tenente colonnello Shirō Ishii[6]. Tra le varie personalità degne di nota figuravano anche Masaji Kitano, secondo in comando; Hisato Yoshimura, direttore degli esperimenti per il congelamento delle cavie umane; Wakamatsu Yujiro, capo di un’unità di ricerca; il dottor Hideo Futaki, che si occupava delle vivisezioni.
Un altro aspetto aberrante di questa storia è che Ishii, grazie alla condivisione delle proprie tesi nelle facoltà di medicina, divenne ben presto l’idolo di moltissimi giovani studenti che, invece di coltivare la professione con l’intento di aiutare il prossimo, la trasformarono in uno strumento utile a umiliarlo, torturarlo e infine ucciderlo.

Il quartier generale del Dipartimento si trovava nella località manciuriana di Harbin, più precisamente nel distretto di Pingfang, dove furono costruiti almeno 150 edifici tra laboratori, baracche per i prigionieri, stalle per gli animali, un campo d’aviazione e un forno crematorio. Questa sede era del tutto isolata dal resto del mondo perché accessibile solamente attraverso un tunnel, mentre numerose strutture erano nascoste da un alto muro con recinzioni elettrificate. Fra queste vi era il famigerato Blocco RO, una costruzione dalla forma quadrata nella quale venivano praticate orribili torture. Vennero inoltre testati diversi modelli di lanciafiamme per valutare l’efficacia delle nuove miscele.

In un’intervista rilasciata al New York Times, un anonimo chirurgo descrisse la propria esperienza nei ranghi nell’Unità: nel corso della sua prima “operazione” aveva aperto uno squarcio lungo il corpo di un detenuto, un taglio che si estendeva dal petto fino allo stomaco; tra i dettagli più macabri menzionò il fatto che, per timore di condizionare i risultati, non era stato somministrato alcun anestetico. Un altro veterano affermò invece di aver visto delle persone rinchiuse in camere speciali per monitorare gli effetti della pressione sul loro fisico. Allo stesso modo, pare che il summenzionato Yoshimura fosse solito ordinare il congelamento degli arti finché non fossero divenuti neri, salvo poi colpirli con un bastone e annotarne le conseguenze. Ma la barbarie andava ben oltre: in caso di cancrena, la parte putrescente veniva mantenuta così da studiarne l’espansione sui tessuti sani; si praticavano iniezioni renali con urina di cavallo e irradiazioni letali tramite raggi X; i prigionieri venivano legati a dei pali e, successivamente, lasciati alla mercé di topi e pulci portatori di malattie; infine, venivano fatte esplodere delle granate nelle loro vicinanze per analizzarne il potere distruttivo. Come se ciò non fosse bastato, una volta conclusi gli esperimenti le salme venivano fatte a pezzi, immerse in liquami dalla sinistra composizione ed etichettati in base alla nazionalità. Neppure i bambini e gli anziani venivano risparmiati.

UNA PAGINA RIMOSSA DELLA STORIA GIAPPONESE

Con l’esaurimento del conflitto e il rapido avvicinarsi dell’Armata Rossa, Ishii diede l’ordine di eliminare qualsiasi traccia del proprio operato: il quartier generale venne così dato alla fiamme, i prigionieri liquidati tramite fucilazione o avvelenamento, mentre negli anni a seguire il governo giapponese insabbiò l’intera vicenda. Nondimeno, l’insieme di questi fattori contribuisce a spiegare solo in minima parte il motivo per il quale, in occasione del processo di Tokyo, i ricercatori nipponici non abbiano risposto della loro condotta.

Nella realtà dei fatti, l’alto ufficiale e alcuni dei suoi più stretti collaboratori avevano già stipulato un accordo con il generale MacArthur, all’epoca Comandante Supremo delle Forze Alleate in Giappone, ottenendo la piena immunità in cambio del libero accesso alle loro ricerche[7]. Finale della storia? Gli statunitensi ricevettero quanto promesso, mentre i vertici dell’Unità 731 scamparono a qualsivoglia procedimento giudiziario, con la sola eccezione di quanti testimoniarono al processo svoltosi nella città sovietica di Chabarovsk (25-31 dicembre 1949). Molti di questi carnefici continuarono perciò ad avere ottime carriere come professori universitari o uomini d’affari: emblematica è la vicenda dello stesso Ishii che, da uomo libero, morì nel 1959 per un cancro alla gola, nonché quella di Hisato Yoshimura, scomparso nel 1990 all’età di 83 anni.

Questa triste storia costituisce, purtroppo, uno dei molti casi in cui la giustizia non è uguale per tutti.

Emiliano Belviso

La Minerva

Classificazione: 5 su 5.

NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] Il Manciukuo divenne una monarchia costituzionale soltanto nel 1934.

[2] Lo storico Rudolph J. Rummel (1932-2014) ha ipotizzato che, fra il 1937 e l’epilogo del secondo conflitto mondiale, in Manciuria siano state uccise circa 200.000 persone. Per quanto concerne il numero delle vittime direttamente causato dall’Unità 731, le stime più attendibili si attestano invece sui 3.000 individui. Una cifra, questa, che non tiene conto di quanti hanno perso la vita negli altri centri di sperimentazione, né tantomeno negli attacchi non convenzionali condotti contro obiettivi cinesi (almeno 200.000 secondo l’accademico Sheldon H.Harris).

[3] Secondo la mitologia giapponese, Amaterasu è la Dea del Sole, custode dei Tre Tesori simboli del potere imperiale (lo Specchio Sacro, la Gemma di Yasakani e la Spada del Paradiso) che vengono consegnati all’imperatore durante l’incoronazione.  

[4] Tale concezione invita a un raffronto diretto con la teoria nazista sulla superiorità della razza ariana.

[5] La Kempeitai era la polizia militare giapponese, conosciuta per il proprio carattere autoritario e repressivo.

[6] A causa degli innumerevoli crimini perpetrati contro l’umanità, Ishii è stato definito “il Mengele d’Oriente”. Soprannominato “l’Angelo della Morte”, Josef Mengele era il medico SS di Auschwitz. Conduceva terribili esperimenti sui gemelli, selezionando chi doveva essere gasato e chi temporaneamente risparmiato.  

[7] Si pensa infatti che gli USA fossero già a conoscenza, grazie al loro servizio di Intelligence, di avvenimenti e circostanze sospette in Manciuria.

  • Mukden Incident – Britannica;
  • Derek Pua, Danielle Dybbro, Alistair Rogers (2018) – “Unit 731: The Forgotten Asian Auschwitz”;
  • Peter Williams, David Wallace (1989) – “Unit 731: Japan’s Secret Biological Warfare in World War II”;
  • Yang Yan-Jun, Tam Yue-Him (2018) – “Unit 731: Laboratory of the Devil, Auschwitz of the East”.
  • Hal Gold, Yuma Totani (2019) – “Japan’s Infamous Unit 731: Firsthand Accounts of Japan’s Wartime Human Experimentation Program”.
  • Rossana Carne (2014) – “Unità 731”.
  • Unit 731 – Japan’s Biological Warfare Project, https://unit731.org/.
  • RT Documentary: Japan’s Secret Unit 731.
  • Rhawn Joseph, Ph.D: Unit 731 Japanese Torture & Human Medical Experiments, tratto dal canale YouTube Sarastarlight.

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