Le unità del Patto di Varsavia lanciano l’operazione “Danubio”, un’imponente manovra militare tesa a reprimere l’esperimento socio-politico inaugurato, agli inizi di gennaio, dalla dirigenza del Partito Comunista Cecoslovacco (KSČ).
Gli anni ’60 furono un periodo piuttosto turbulento per il regime di Antonín Novotný[1] (1904-1975): alla grave crisi economica che aveva investito il Paese, conseguenza dei limiti intrinseci nella pianificazione quinquennale, si era infatti accompagnata una crescita vertiginosa del debito pubblico. A ciò andavano sommate le croniche difficoltà del KSČ, al governo sin dal 1946, nel fronteggiare la preoccupante disaffezione palesata da larghi strati dell’intelligencija[2]. L’insieme di questi fattori avrebbe quindi spinto Leonid Brèžnev (1906-1982), Segretario Generale del PCUS, a incontrarsi con l’establishment praghese al fine di concordare una nuova linea d’azione (dicembre 1967).
Seppur contrario a un repentino cambio di leadership, il dirigente sovietico dovette nondimeno riconoscere l’estrema criticità del…
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