19 settembre 1985, Italia

Muore, all’età di appena 61 anni, il celebre scrittore e intellettuale Italo Calvino (1923-1985). Con lui scompare una delle figure più eclettiche del nostro panorama letterario, portavoce di uno stile unico a cavallo fra il Neorealismo e il Postmodernismo.

Nato il 15 ottobre 1923 a Santiago de Las Vegas, piccola località rurale situata in provincia dell’Avana, il giovane Italo trascorse un’infanzia serena tra l’agiatezza economica e un ambiente familiare cosmopolita. Complici le esigenze lavorative di suo padre Mario (1875-1951), nel 1925 si trasferì a Sanremo dove avrebbe vissuto per circa un quindicennio: fu in quella splendida cornice che iniziò a coltivare la passione per la narrativa e per il genere umoristico, cimentandosi nella stesura di diverse opere quali commedie teatrali, recensioni cinematografiche e novelle.

Spartiacque decisivo nella vita dell’autore resta però l’adesione al movimento partigiano, avvenuta nel gennaio del ’44 in seguito all’assassinio del medico e patriota Felice Cascione (1918-1944). Una simile esperienza, culminata nelle feroci battaglie di Sella Carpe (27 giugno 1944) e di Bajardo (10 marzo 1945), costituì oltretutto l’argomento centrale del romanzo Il sentiero dei nidi di ragno (1947), nonché della raccolta di saggi intitolata Ultimo viene il corvo (1949).

A partire dal 1947, Calvino avrebbe invece inaugurato un lungo sodalizio con la casa editrice Einaudi, stringendo al tempo stesso importanti amicizie con personaggi del calibro di Elio Vittorini (1908-1966), Norberto Bobbio (1909-2004) e Natalia Ginzburg (1916-1991). È a questo periodo che risale lo scritto Il visconte dimezzato (1952), autentica pietra miliare che contribuì a proiettarlo nel gotha della letteratura contemporanea.

Un interessante documentario girato nel corso del 1974, durante il soggiorno parigino dello scrittore. Regia di Fausto Rapetti

Benché la vocazione per la politica andasse lentamente esaurendosi[1], il medesimo discorso non sembrò applicarsi ai profili creativo e artistico: tra il 1956 e il 1967 vennero pubblicati capolavori intramontabili come Fiabe italiane (1956), Il barone rampante (1957), Il cavaliere inesistente (1959), Marcovaldo (1963), Le cosmicomiche (1963-64) e Ti con zero (1967), mentre la fondazione della rivista Il Menabò (1959) diede ampio margine alla sperimentazione di nuove modalità espressive.

Tratto distintivo dei lavori della maturità risulta essere, anche per il pubblico meno avvezzo, l’innata propensione nell’abbattere qualsiasi frontiera tra il reale e l’allegorico, plasmando così una dimensione parallela in cui tali aspetti si compenetrano in un mélange equilibrato. Non meno apprezzabile è l’abilità nel mantenere un approccio leggero e spontaneo, una finestra sull’Io nella quale lo slancio introspettivo si combina con un forte senso dell’ironia. Questo artificio stilistico, conosciuto tramite l’appellativo di “gioco combinatorio”, è pensato per coinvolgere il lettore all’interno di una solida struttura narrativa, raggiungendo il proverbiale acme nei romanzi Le città invisibili (1972) e Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979).

Dopo aver soggiornato a Parigi assieme alla moglie Esther (1925-2018) e alla figlia Giovanna, lo scrittore italiano si stabilì definitivamente a Roma dove condusse il resto della propria esistenza: una stagione costellata di riconoscimenti prestigiosi come la Legion d’Onore (1981) e la nomina, ancorché provvisoria, a direttore degli studi presso l’École des Hautes Études (1983). Ricoverato d’urgenza per una copiosa emorragia cerebrale, Calvino si spense nell’ospedale di Santa Maria della Scala (Siena) al termine di una breve agonia. Le sue spoglie sono custodite nel cimitero-giardino di Castiglione della Pescaia, città marittima nella quale era solito rifugiarsi durante l’estate.

Niccolò Meta

La Minerva

Classificazione: 5 su 5.


NOTE

[1] I presupposti della militanza nel Partito Comunista Italiano (PCI), destinata a protrarsi sino all’agosto del ‘57, sono ben descritti nelle pagine della rivista “Il Paradosso” (settembre-ottobre 1960):

La mia scelta del comunismo non fu affatto supportata da motivazioni ideologiche. Sentivo la necessità di partire da una “tabula rasa” e, perciò, mi ero definito anarchico […]. Ma soprattutto sentivo che, in quel momento, quello che contava era l’azione; e i comunisti erano la forza più attiva e organizzata.

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