20 maggio 2019, Svizzera

Si spegne, al termine di un breve ricovero presso l’Ospedale Universitario di Zurigo, il tre volte campione del mondo Niki Lauda (1949-2019). È un colpo durissimo per il “Circus” della F1, che perde una delle sue figure più iconiche e ammirate di sempre.

Erede di una famiglia facoltosa di banchieri viennesi, Andreas Nikolaus Lauda debuttò nella categoria regina al volante di una March 711, vettura con la quale non riuscì ad esprimere il proprio talento cristallino. Nondimeno, le eccellenti doti di guida e l’abilità nella messa a punto delle monoposto gli valsero un contratto con la scuderia di Maranello (1974), preludio del primo titolo iridato ottenuto nel corso del 1975.

Anche la stagione successiva si sarebbe aperta nel migliore dei modi per il pilota del Cavallino, vincitore di cinque appuntamenti agonistici e in grado di salire sul podio in otto diverse occasioni. Risultati, questi, che lo proiettarono in vetta alla classifica generale con un vantaggio di 31 punti sul diretto inseguitore, il sudafricano Jody Scheckter. Si arrivò così al temibile circuito del Nürburgring (1 agosto 1976), un complesso lungo 23 chilometri situato nel cuore della Foresta Nera. Costruito mezzo secolo prima per ospitare le principali competizioni motoristiche dell’epoca, il tracciato era stato insignito del macabro appellativo di “Cimitero verdein quanto, fino ad allora, aveva reclamato le vite di 51 sportivi.

In seguito a una partenza poco felice dettata della scelta di non montare pneumatici slick, Lauda avrebbe cercato di recuperare il terreno perduto spingendo la macchina fra le insidie della pista: una volta aggredito il cordolo esterno della curva Bergwerk, tuttavia, complice la scarsa aderenza offerta dalle gomme “fredde”, la vettura sbandò pericolosamente sulla sinistra infrangendosi su un costone di roccia; con la rottura dei serbatoi e l’inevitabile fuoriuscita di carburante, essa avrebbe finito per trasformarsi in una trappola mortale.

Privato del casco e prigioniero delle lamiere contorte, il campione del mondo sopravvisse all’incendio solo grazie all’eroismo dimostrato dai colleghi Harald Ertl (1948-1982), Guy Edwards, Brett Lunger e Arturo Merzario, quest’ultimo disposto a gettarsi tra le fiamme sempre più alte pur di liberarlo. Quando l’ambulanza giunse sul luogo dell’incidente, tuttavia, le sorti del corridore lasciavano presagire ben poche possibilità di salvezza: oltre alle gravi ustioni riportate sul volto e su numerose parti del corpo, l’alfiere di Maranello aveva  respirato i vapori tossici prodotti dalla combustione della benzina, miasmi suscettibili di avvelenarne il sangue compromettendone il funzionamento degli organi interni. Dopo una riabilitazione sofferta proseguita per 42 giorni, Lauda si sarebbe comunque presentato al Gran Premio d’Italia contro il parere dei medici, concludendo la gara in quarta posizione e tenendo aperta la lotta per il titolo.

L’iride sfiorato in quell’incredibile stagione venne bissato, fra lo stupore di chi lo considerava un pilota in declino, già nel corso del 1977. Un’impresa titanica, specialmente alla luce di un avvio di campionato tutt’altro che memorabile, ma insufficiente per ricostruire la fiducia nella compagine modenese: il tentativo di rimpiazzarlo nel ruolo di prima guida con l’argentino Carlos Reutemann, unito agli strascichi causati dalla decisione di non concludere l’appuntamento del Fuji (24 ottobre 1976), lo avrebbero infatti spinto ad abbandonare il team per accasarsi alla Brabham di Bernie Ecclestone, dove visse due annate inconcludenti culminate nel temporaneo ritiro dalle corse (settembre 1979).

Nel novembre del 1981, nonostante lo scetticismo degli sponsor e di buona parte della comunità sportiva, il veterano austriaco avrebbe ceduto alle lusinghe della McLaren siglando un contratto con la scuderia inglese, passata nel frattempo sotto la direzione dell’energico Ron Dennis. Fu il preludio di un sodalizio virtuoso, di una rinascita personale che ne arricchì il palmarès con altre otto vittorie e il terzo titolo piloti (1984), quest’ultimo ottenuto con uno scarto di appena mezzo punto sul collega Alain Prost. L’anno successivo, però, vittima di un momento difficile costellato da frequenti ritiri per noie meccaniche, Lauda rese nota la volontà di non proseguire la propria carriera agonistica.

Ciò non gli avrebbe impedito di ricoprire incarichi manageriali nel mondo delle competizioni come accadde in Ferrari, quando venne richiamato da Luca Cordero di Montezemolo in qualità di consulente (1993); alla Jaguar Racing, occupando il ruolo di direttore sportivo dal 2001 al 2002; in Mercedes AMG Petronas, dove ha contribuito alla creazione di un dream team capace di dominare, a partire dal marzo del 2014, le piste del mondiale.

Un tributo alla memoria di Niki Lauda tratto dall’account ufficiale della Formula 1

Niccolò Meta

La Minerva

Classificazione: 5 su 5.

3 pensieri riguardo “20 maggio 2019, Svizzera

  1. Il incredibile campione.
    Grazie per Il articolo.

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  2. Grazie a te! Felicissimo che l’articolo sia piaciuto!

    "Mi piace"

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